martedì 17 dicembre 2019

DOTT.SSA ANGELA SGAMBATI


L’UNSA SCRIVE AL PRESIDENTE DELL’INPS

Al Presidente INPS
Prof. Pasquale Tridico                    

Egregio Presidente, 
Le scriviamo per sottoporle tre questioni, auspichiamo anche per Lei, molto importanti e fondamentali per la vita di tutti i lavoratori. Una di queste è a Lei ben nota e da qui le Sue lettere di risposta ad alcuni quotidiani, leggendo le quali non si intravedono indicazioni risolutive.

Gli argomenti, ognuno degno della massima attenzione, sono i seguenti:

Pensioni e tempi di erogazione;
Riscatto periodi non coperti da contribuzione;
Trattamenti di fine servizio e tempi di erogazione.
Non è nostra intenzione strumentalizzare o alimentare ulteriori polemiche sui ritardi nell’erogazione dei trattamenti pensionistici, ma è un fatto molto grave che, dalla data della cessazione dal servizio alla data di erogazione della pensione, le persone siano costrette ad attendere cinque-sei mesi e in qualche caso anche un anno.
Quali siano o possano essere le cause converrà con noi che non può esserci alcuna valida motivazione nel lasciare i cittadini senza alcun mezzo di sostentamento. Non parliamo, purtroppo, di casi isolati ma di eventi che sono ormai “sistema”.
Sistema inaccettabile, da qui la necessità di provvedere urgentemente nell’erogazione della pensione ai titolari del diritto, che ricordiamo trattasi di un diritto individuale e, ancor di più, costituzionale.
È nella Sua disponibilità la possibilità di dare indicazioni agli Uffici INPS affinché venga erogata quanto meno una pensione provvisoria nell’attesa, auspichiamo brevissima, della sistemazione definitiva del provvedimento; questo consentirebbe agli interessati di avere i mezzi reddituali per vivere e non dover “elemosinare” in fila agli sportelli INPS.
Il secondo tema che Le sottoponiamo è relativo alla quantificazione degli oneri per il riscatto di periodi non coperti da contribuzione e nello specifico facendo riferimento a dei casi che ci sono stati sottoposti da alcuni nostri iscritti.
Alcuni nostri associati ci hanno manifestato la loro preoccupazione in relazione agli importi quantificati nel corso di consulenze presso gli Uffici INPS per il riscatto di periodi del corso legale di studio.
Si tratta di lavoratori ai quali, in un caso, per riscattare un (1) mese del corso legale di studio sono stati comunicati oneri per un importo di 54.000 euro e, in un altro caso, per riscattare ventuno (21) mesi sono stati richiesti circa 100.000 euro, quando invece secondo i nostri calcoli sarebbero dovuti, rispettivamente, circa 1.000 euro e 25.000 euro. Nell’uno e nell’altro caso, parliamo di lavoratori con reddito pensionabile di circa 30.000 / 35.000 euro e per periodi chiesti a riscatto collocati temporalmente prima del 1992.
Pur con le specificità dei casi (sesso, età, contribuzione), riteniamo tali importi spropositati e a eliminare i nostri dubbi non sono valsi alcuni chiarimenti forniti da funzionari INPS, anzi questi hanno rafforzato tutte le nostre perplessità.
In particolare, dalla lettura di una nota INPS di chiarimento abbiamo motivo di ritenere che il metodo adottato dai Suoi Uffici per determinare gli oneri da riscatto non sia rispettoso del dettato normativo e delle stesse Circolari nel tempo emanate dall’Istituto.
Da ciò ne deriva una quantificazione abnorme di oneri costringendo gli interessati a rinunciare al ricorso di tale opportunità stante la rilevante gravosità di tali importi pur anche se, nel caso del corso legale di laurea, dilazionabili in dieci anni.
Riteniamo fra l’altro che da tale prevaricante e penalizzante modalità di calcolo degli oneri da riscatto, per cui si manifesta una rinuncia degli interessati, ne derivi anche un danno per l’INPS.
Il terzo, e ultimo, punto riguarda la tempistica nell’erogazione dei Trattamenti di Fine Servizio.
Quanto prevede la legge in materia di posticipo e di rateizzazione è noto e ci è chiaro che l’INPS debba rispettare i termini “minimi”; nel contempo un piccolo passo a favore degli aventi diritto è nelle disponibilità dell’Istituto e, a nostro parere, può e deve essere fatto.
Ci riferiamo ai tre mesi ulteriori, dopo i primi 12 o 24, che la norma mette a disposizione dell’INPS e oltre i quali interviene l’obbligo di corrispondere gli interessi legali.
A tal proposito ricordiamo che questi “tre mesi” dopo la cessazione facevano riferimento ad una normativa e ad un tempo in cui si prevedeva l’erogazione immediata del TFS; i “tre mesi” erano sostanzialmente un “tempo tecnico” necessario all’Amministrazione pubblica per provvedere ai conteggi e alla predisposizione del pagamento.
Stante l’attuale normativa che posticipa di uno o due anni, e per alcuni casi di cinque anni, l’erogazione della prima rata del TFS riteniamo che già in questo arco temporale vi sia tutto il tempo tecnico disponibile per provvedere ai conteggi e alla predisposizione del pagamento e non vi sia più nessuna ragione o motivo per posticipare l’erogazione con gli ulteriori tre mesi.
Le chiediamo quindi di attivare tutte le iniziative possibili e di dare indicazione ai Suoi Uffici di provvedere all’erogazione della prima rata del TFS allo scadere dei dodici/ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Confidando nella Sua sensibilità e nella Sua attenzione per i temi che Le abbiamo illustrato, certi che si dimostrerà disponibile ad un confronto su di essi.
In attesa di una Sua risposta ai problemi sollevati

 Cordiali saluti
Il Segretario Generale
Massimo Battaglia

venerdì 29 novembre 2019

ASSEMBLEA CITTADINA

La Federazione Confsal-Unsa con la presente indice per il giorno 10 dicembre 2019,
dalle ore 9:30 alle ore14:00, presso il Centro Congressi dell’HOTEL NAZIONALE, piazza Montecitorio 131, ROMA, un’assemblea cittadina aperta a tutti i lavoratori appartenenti al Comparto delle FUNZIONI CENTRALI in servizio presso Uffici della Città di Roma Capitale, avente all'ordine del giorno “Risorse per Contratti, salario accessorio e nuovo ordinamento professionale”.
Si invita pertanto questa Amministrazione MiBACT - nel quadro di corrette relazioni sindacali- a inviare alle Direzione degli Uffici presenti nella città di Roma la comunicazione dell’indizione della presente Assemblea Cittadina, precisando che l'assenza dal servizio del personale va conteggiata nel monte ore previsto dalla vigente normativa contrattuale per la partecipazione alle assemblee e che la presente richiesta viene inoltrata ai sensi della Dichiarazione congiunta n.1 allegata al CCNL Integrativo al CCNL 1998/01.
Ai dipendenti verrà rilasciata attestazione di partecipazione alla predetta assemblea cittadina da parte della Federazione ConfsalUnsa.
Distinti saluti.
Massimo Battaglia

mercoledì 27 novembre 2019

IL MISTERO HENRI PICK

   I Wonder Pictures ci ha abituati ad una intelligente distribuzione di qualità, dal 19 dicembre sarà in sala la commedia scelta per Natale: IL MISTERO HENRI PICK girato dal regista Rémi Bezançon e interpretato dal sempre gradito Fabrice Luchini. E’l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo, pubblicato in Francia da Editions Gallimard, dell’eclettico scrittore parigino David Foenkinos ed edito in Italia da Mondadori nel 2016.
   
In questa storia misteriosa e intrigante si parla di una singolare biblioteca dedicata ai manoscritti rifiutati dagli editori che si troverebbe in Bretagna; il sogno di ogni scrittore impubblicato!
   È qui che una giovane editor scova un testo destinato in pochissimo tempo a diventare un best seller. Tutti i lettori vogliono sapere chi sia il grande scrittore e avere particolari della sua vita; ma ahimè l’autore è il misterioso Henri Pick, un pizzaiolo scomparso da due anni, che nella sua vita non sembra aver mai scritto altro che la lista della spesa appunto per la pizzeria in cui lavorava.
   Il giallo dello scrittore improbabile porta iella al critico letterario Jean Michel Rouche: a causa della sua freddezza e rigidità, viene mollato dalla moglie e cacciato, per il suo cinismo, dalla trasmissione di successo che conduce da diversi anni: il giallo diventa thriller letterario. Ora Jean Michel Rouche si incaponisce e vuole sapere di più del misterioso autore che gli ha rovinato la vita. 
   Le facce del grande Fabrice Luchini (vincitore della Coppa Volpi per “La Corte”) sono tutto un programma: perplesso, scocciato, dubbioso, confuso, addirittura a volte ambiguo; ci voleva certamente lui per dare il tocco di classe a questa storia forse tirata un po’ troppo per le lunghe.
   A tenergli testa è Joséphin Pick, la figlia del defunto autore, l’attrice Camille Cottin ( protagonista della serie Netflix Call My Agent – Chiama il mio agente) che lo affianca con grinta - nella finzione e nella realtà recitativa -  e tenacia,  per dimostrare le “capacità” autoriali del padre, scovando una misera letterina, scrittale parecchi anni addietro. 
   L’indagine si dipana tra malintesi e colpi di scena, tra lo scetticismo del disincantato critico letterario e la caparbietà della figlia: ma si odiano veramente i due?
   Quale sarà la verità: è un caso costruito a tavolino, come sospetta il malevolo Jean Michel Rouche?     Non chiedete chi sia Henri Pick, solo chi vede il film potrà saperlo, altrimenti che mistero è ?
   Il romanzo IL MISTERO HENRI PICK, per l’occasione dell’uscita del film in sala, sarà ripubblicato da Mondadori in una nuova edizione fascettata. L’autore, David Foenkinos, classe 1974, vincitore dei più prestigiosi premi letterari francesi, ha già al suo attivo 16 libri tra romanzi, una biografia su John Lennon e narrativa per l’infanzia tradotti in 15 lingue, più della metà editi in Italia.
   Dal libro questa commedia brillante e singolare per il vostro Natale al cinema con i parenti.

                                                                                              Antonella D’Ambrosio

venerdì 22 novembre 2019

ASSEMBLEA CITTADINA, 10 DICEMBRE 2019

ASSEMBLEA CITTADINA, 10 DICEMBRE 2019 
a sostegno INIZIATIVA CONFSAL, PIAZZA MONTECITORIO – ROMA.

Cari Segretari,
continua l’impegno dell’UNSA per i lavoratori delle Funzioni Centrali, Ministeri, Agenzie Fiscali, Enti pubblici non economici.
Il 10 dicembre la Confederazione sarà in piazza Montecitorio a Roma, dalle ore 10 alle 13.30, a difesa della centralità dei lavoratori e della loro professionalità.
La Confsal-UNSA comunicherà alle singole amministrazioni l’indizione di una Assemblea Cittadina per la data del 10 dicembre al fine di sostenere con forza le nostre rivendicazioni al governo: risorse per i rinnovi contrattuali, per i salari accessori, per la riforma dell’ordinamento professionale, per i Tfr/Tfs al momento del pensionamento senza rate, interessi o attese.
Seguirà a breve nota sulle modalità operative onde consentire la massima partecipazione possibile dei lavoratori in servizio negli uffici presenti nella città di Roma.

Cordialità e saluti.

IL SEGRETARIO GENERALE
   Massimo Battaglia

giovedì 21 novembre 2019

COMUNICATION!

   Comunicare, descrivere, mettere in relazione non sono che alcune delle azioni possibili per trasmettere contenuti e significati. 
Secondo gli studi linguistici di Jacobson, la comunicazione è costituita da un'interazione tra diversi elementi: mittente, messaggio, contesto e destinatario. 
   
Occorre distinguere l’informazione dalla comunicazione, intendendo definire quest'ultima come un processo basato sull'attribuzione di un significato socialmente valido ai contenuti trasmessi, tenendo in considerazione l'aspetto contestuale.
   In una dimensione psicologica, il pensiero della Scuola di Palo Alto ha dichiarato come primo assioma che "è impossibile non comunicare "nella interazione tra persone, anche in assenza di una mediazione linguistica, sostenendo, nel secondo punto, la presenza di "una metacomunicazione che regolamenta   rapporti tra chi sta comunicando".
   La comunicazione, dunque, ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della società in quanto sistema di attribuzione dei significati come pure di incremento e trasferimento dei saperi.
   La comunicazione rappresenta il canale per capire 
le persone che abbiamo davanti
In ambito personale i problemi di comunicazione sono tra i maggiori fattori di stress e di malessere in generale. Migliorare la capacità di comunicare permette di conoscere meglio gli altri e ha effetti positivi sul resto della nostra vita.
   «La comunicazione non parte dalla bocca che parla ma 
dall’orecchio che ascolta»
   Vuoi comunicare efficacemente? 
   Allora devi stare attento a come imposti il messaggio, perché è su questo che l’altra persona sintonizzerà la sua risposta.
   Comunicare efficacemente è ascoltare sé stessi e l’altro, gestire la relazione e renderla il più possibile costruttiva.
   Al tempo stesso, il rischio d’incomprensione è elevato. Questo perché ciò che noi diciamo assume un significato diverso a seconda di come lo diciamo, dove e quando e, soprattutto, cambia a seconda della persona che abbiamo davanti che lo interpreterà in un modo particolare.

Vuoi imparare a comunicare efficacemente?
Contattaci per partecipare al nostro corso sulla comunicazione efficace!


LE NOSTRE PRINCIPALI ATTIVITÀ

Il Centro di Consulenza Familiare " S. Costanza" offre la professionalità e l’esperienza dei propri operatori nei seguenti campi:
Consulenza alla persona;
Consulenza alla coppia e alla famiglia;
Consulenza alla genitorialità;
Consulenza a giovani e adolescenti;
Consulenza legale;
Preparazione per le adozioni nazionali e internazionali;
Training autogeno.

E inoltre:

Conferenze - dibattito;
Seminari di formazione per operatori sociali;
Seminari di prevenzione al Mobbing;
Seminari di prevenzione al burn - out;
Attività di orientamento scolastico;
Presentazione libri.

Oltre al lavoro di consulenza il Centro ha attuato (e attuerà) una serie di iniziative per rispondere a varie richieste, in particolare incontri per:


GENITORI IN CAMMINO “Diamoci la mano per non cadere”
ESSERE PADRI SOLO DI DOMENICA “Un aiuto ai genitori separati”
PER VIVERE BENE LA TERZA ETA’ “La giovinezza non è un periodo di vita, ma uno stato d’animo”
UN GENITORE QUALI PERFETTO
L’ADOLESCENZA: un mondo di misteri


Contattaci!!!!!!!

Centro di Consulenza Familiare “Santa Costanza” - Via di S. Costanza n.7 cap.  00189 – Roma - Tel. 0686219532 Cell: 3476132861 Sito Internet: www.ilconsultoriofamiliare.it - e-mail: santacostanza@libero.it  



lunedì 11 novembre 2019

I SERVIZI DEL CENTRO DI CONSULENZA “SANTA COSTANZA”

 - Consulenza familiare – è un servizio che si rivolge al singolo (nel caso di difficoltà di adattamento, disarmonie della personalità, conflitti adolescenziali, etc.), alla coppia o al nucleo familiare che in un determinato momento della propria vita si trovi a che fare con problematiche che appaiono insormontabili o difficili da gestire. Il Consulente, tenendo in considerazione che ogni individuo o coppia oltre ad avere una storia personale è inserito in una storia familiare e in un determinato sistema sociale, aiutando il cliente ad “esplorare” la difficoltà che sta vivendo e facendo emergere emozioni e sentimenti, lo aiuterà a riscoprire le proprie risorse e sentirsi più sicuro, inoltre in alcuni casi riattivando la comunicazione, come nelle problematiche di coppia, oltre ad una diminuzione della rabbia e della sofferenza, si può arrivare ad un a risoluzione dei conflitti o delle incomprensioni;

- Mediazione Familiare – è un servizio per tutte quelle coppie che in procinto di separarsi o di divorziare, richiedano il supporto di una figura altamente qualificata. La coppia che vuole usufruire del servizio di mediazione familiare desidera regolare in maniera costruttiva i rapporti riguardanti i figli (turni di cura, visite, festività). Lo scopo principale della mediazione è quindi la creazione di un accordo finale, voluto dalla stessa coppia, con la facilitazione del mediatore familiare. Al servizio di mediazione familiare possono accedere tutte le coppie senza nessuna distinzione: sposate, separate, divorziate, di fatto, con e senza figli;

- Consulenza psicologica - attraverso la Consulenza psicologica si cerca di elaborare le strategie d'intervento più idonee nel facilitare il cambiamento, la crescita e la realizzazione personale dell’individuo. Il servizio è orientato alla comprensione e alla definizione del problema e alla ricerca di eventuali strategie di trattamento adeguate, qualora il problema che il soggetto sta vivendo sia ascrivibile a problemi inconsci non risolti, legati alla propria storia personale e familiare;

- Adozioni nazionali e internazionali - a breve, il Centro di Consulenza Familiare “Santa Costanza” avrà tra i suoi compiti anche quello di occuparsi delle adozioni nazionali e internazionali;

- Assistenza legale - presso il nostro Centro puoi essere assistita/o da un avvocato. Se hai necessità di rivolgerti ad un legale specializzato in Diritto di Famiglia e dei Minori contattaci.

I servizi sono offerti previo appuntamento telefonando ai seguenti numeri: 0686219532 - 3476132861

La nostra e-mail è: info@ilconsultoriofamiliare.it 

Visitate anche il nostro Sito Internet: www.ilconsultoriofamiliare.it 

PAROLE, IL POTERE DI SUSCITARE EMOZIONI

“Ogni parola ha le sue conseguenze. Ogni silenzio anche”
(Jean Paul Satre)

di Angela Sgambati

Ognuno di noi ha sperimentato nella sua vita come a volte i nostri comportamenti, le nostre convinzioni e il modo in cui vediamo le cose possono cambiare in base al significato che attribuiamo ad alcune parole che entrano in profondità nella nostra mente. 
A distanza di anni, le parole di un genitore, di un amico, di un insegnante, di un allenatore o di uno sconosciuto che ci sono state dette in un certo modo e in un preciso momento possono ancora condizionare chi noi siamo e l’immagine che abbiamo di noi stessi.
Spesso non ci rendiamo conto del loro potere immenso, come discorsi di grandi personaggi abbiano cambiato la storia e come quelle stesse parole hanno suscitato in loro emozioni forti da spingerli ad agire, ad affrontare sfide o a vivere più o meno positivamente i momenti di difficoltà.
L’uso sbagliato delle parole nel descrivere le esperienze della nostra vita può distruggerci emotivamente tanto quanto la scelta di parole più produttive può far scaturire in noi emozioni assolutamente positive.
Ma cosa succede a livello emozionale? Con le parole comunichiamo i nostri stati d’animo, le nostre idee, le nostre convinzioni agli altri, ma anche e soprattutto a noi stessi. Il nostro dialogo interiore è quindi costituito da tutte quelle cose che ci diciamo costantemente e intensamente, poco per volta, che alla fine diventano la nostra realtà.
Cerchiamo di capire come funziona questo processo: il cervello umano riceve dai cinque sensi stimoli e sensazioni. Uno dei modi più efficaci, con i quali l’uomo dà significato a queste immagini, suoni, stimoli e sensazioni, è apporvi delle etichette chiamate per l’appunto parole.
Quindi poco per volta una determinata sensazione viene etichettata come “gioia” oppure “paura” oppure “umiliazione” ecc. Nella pratica usiamo le parole per rappresentarci le nostre esperienze di vita e i nostri stati d’animo. 
Le parole portano con sé un significato.
Uno stesso evento può essere vissuto diversamente da ognuno di noi in base al significato che attribuiamo e alla percezione dell’evento e da come viene “tradotto” il significato.
E poiché le parole sono il mezzo principale di interpretazione e traduzione che abbiamo, etichettare in un certo modo la nostra esperienza cambia automaticamente le sensazioni prodotte nel nostro sistema nervoso, modificando di conseguenza altrettanto automaticamente la biochimica del nostro corpo.
Possiamo concludere dunque che le parole lasciano il segno e veicolano emozioni.

Siti di riferimento della Dott.ssa Angela Sgambati:

giovedì 25 luglio 2019

ADOZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI

   
A breve, il Centro di Consulenza Familiare “Santa Costanza” avrà tra i suoi compiti anche quello di occuparsi delle adozioni nazionali e internazionali.
   Per tale motivo riteniamo utile proporre una breve guida alle adozioni in modo che, se interessati, possiate iniziare a comprendere il percorso da seguire.
   Innanzitutto iniziamo con il dire che la normativa di riferimento per chi vuole adottare, sia in adozione nazionale che internazionale, è la legge 184/1983. 
   Questa legge è stata successivamente integrata e modificata dal DECRETO LEGISLATIVO 28 dicembre 2013, n. 154 (in G.U. 08/01/2014, n.5).
   Innanzitutto, così come prevede l’ art. 6 della Legge 4 maggio 1983, n. 184, deve sussistere una stabilità di rapporto tra gli aspiranti genitori adottivi.
   Infatti, come recita il suddetto articolo: “L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto”.
   Questo requisito consente di fare la richiesta di adozione, sia nazionale che internazionale in quanto nelle prime fasi l’iter coincide.
   Tuttavia alcune procedure iniziali possono variare da regione a regione o da tribunale a tribunale. È pertanto fondamentale assumere tutte le informazioni del caso anche per sapere se sia obbligatorio o semplicemente necessario frequentare i corsi di preparazione organizzati dai servizi sociali prima di presentare la domanda e, inoltre, quali siano le richieste di documentazione ed esami clinici per dimostrare lo stato di salute e se ci siano criteri in merito al reddito della coppia o dell’ampiezza dell’appartamento dove il minore andrà ad abitare.
   Naturalmente le due procedure di adozione differiscono per svariati aspetti ma in una prima fase si possono portare avanti entrambe per poi operare una scelta.
   Ad ogni buon conto, sempre la suddetta normativa, per quanto riguarda l’affidamento preadottivo, stabilisce quanto segue:

1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. E' ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda é presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.

2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.

3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.

5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda, quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza.
Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.

7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale.

   Ricordiamo che tra gli elementi essenziali presi in considerazione c’è l’età della coppia, perché tra gli adottanti e il possibile adottato ci deve essere una differenza anagrafica minima di 18 anni e massima di 45.
   Infine, è sensibilmente diversa la situazione per l’adozione internazionale. 
   Questa tipologia di adozione, pur essendo regolata dalla stessa legge 184/1983, fa riferimento anche alla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993. 
  Pertanto, gli aspiranti genitori dovranno ottenere il decreto d’idoneità che, a seguito di una relazione dei servizi socio sanitari e di un colloquio in tribunale, dovrebbe arrivare entro 6 mesi. 
 Quindi, entro un anno, è obbligatorio rivolgersi a un ente autorizzato, scegliendo tra quelli attualmente iscritti al relativo albo e valutandoli in base a metodi, costi e Paesi stranieri in cui ogni ente opera.

Per informazioni rivolgersi al Centro di Consulenza Familiare " S. Costanza" Via di S. Costanza n.7 c.a.p.  00189 Roma Tel. 06 86 21 95 32 - Sito  Internet:  www.ilconsultoriofamiliare.it 
Direttore Responsabile Dott.ssa Angela Sgambati 
E-mail: angelasgambati@alice.it  - Cellulare: 3476132861

domenica 21 luglio 2019

ABBI CURA DI TE

ABBI CURA DI TE
Una storia vera

Con la prefazione di Matilde D’Errico Autrice e regista televisiva, ideatrice di Amore Criminale e Sopravvissute (Rai3) ideatrice del laboratorio di scrittura “Io Scrivo” presso il Policlinico Gemelli di Roma.

Una lunga lettera a una donna immaginaria, che chiamo Donna. 
Le racconto la mia storia personale, intima, quello che è successo negli ultimi tre anni e perché. La mia sorpresa, il mio sgomento, la mia rabbia ma anche le mie paure, le mie fatiche, la mia voglia di vivere, di sentirmi normale. 
Ho scelto il nome Donna perché mi rivolgo a tutte le donne sane e quella Donna sei tu. A Donna affido il mio messaggio, la mia esperienza e le conoscenze che ho acquisito in questo tempo e fino ad oggi e le chiedo di portarle in giro, di raccontarle, di non perdere l’occasione di far sapere.
Sto parlando di Cancro all’Ovaio e di mancanza quasi totale di informazione. Informazione necessaria, informazione vitale, informazione che ti potrebbe salvare la vita. Sto parlando di prevenzione.
Con questa autobiografia sto cercando di fare questo, sto cercando di trasferire le informazioni importanti ad altre donne nella speranza che loro le trasferiscano a loro volta.
Non perdere l’occasione di essere tu a far sapere.

Luisanda dell'aria


Con il patrocinio di
ACTO Onlus


Scarica gratis subito 


abbi cura di te.pdf
------------------------------

abbi cura di te.epub
------------------------------

abbi cura di te.mobi

martedì 16 luglio 2019

RED CANZIAN

Questa fotografia mi ritrae alcuni anni fa a Piancastagniaio (SI) insieme a Bruno Canzian (detto Red) compositore, cantante, polistrumentista, produttore discografico italiano e naturalmente membro storico de “I Pooh”.
Pochi forse sanno che i membri della band sono stati nominati Cavalieri "Al merito della Repubblica Italiana" dall'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

venerdì 5 luglio 2019

UNA BREVE SINTESI DEL MIO OPERATO NELL’UNSA BAC

A distanza di alcuni mesi dal mio pensionamento desidero fare delle considerazioni circa il mio operato nell’UNSA Beni Culturali dal 1991 (anno di inizio dell’attività sindacale presso l’allora S.N.A.B.C.A.) e il 2018.
Innanzitutto non ho parole per ringraziare tutti gli iscritti e simpatizzanti che hanno sentito il bisogno di manifestarmi attestati di stima e di affetto.
Da parte mia c’è la consapevolezza di aver lavorato sodo e fatto tutto ciò che era nelle mie possibilità per far crescere numericamente e in qualità la nostra organizzazione sindacale.
Un ringraziamento particolare lo debbo al nostro Segretario Nazionale Dott. Giuseppe Urbino con il quale ho lavorato ininterrottamente dai primi anni ’90.
Abbiamo fatto molta strada insieme e, a mio avviso, abbiamo dimostrato come fare squadra sia la formula vincente in qualsiasi associazione o organizzazione, sia essa politica che sindacale.
Il nostro sodalizio ha avuto anche dei momenti di crisi ma con la ragionevolezza siamo sempre riusciti a superare tutte le difficoltà e proseguire nel cammino che avevamo prestabilito.
Nel tempo è nata anche una amicizia con lui e la sua famiglia che ci ha portato a incontrarci anche al di fuori del contesto lavorativo e conoscerci meglio.
La cosa che più debbo a Urbino è la fiducia che ha riposto in me sin da quando, semplice lavoratore, bussai alla porta dello S.N.A.B.C.A. manifestando direttamente a lui l’intenzione di mettermi a piena disposizione di questa organizzazione sindacale.
Questa fiducia mi ha consentito di superare tante tappe obbligate che mi hanno portato da iscritto, a Capo Ufficio Stampa (con relativa iscrizione all'Ordine dei giornalisti anche in virtù del fatto che nel contempo ero Direttore Responsabile del periodico: "Sindacato - Cultura - Lavoro"), fino alla elezione congressuale nella Segreteria Nazionale con l’incarico di Vice Segretario Nazionale.
Come detto, ho sempre fatto il possibile per dare il meglio di me, lavorando sodo in termini di qualità ma anche di orario (quante volte io e Urbino siamo entrati nella sede del Collegio Romano la mattina presto per uscire quando il portone del Ministero era oramai chiuso e avevano iniziato il turno notturno i colleghi all’ingresso).
Eppure, nonostante la stanchezza fisica e mentale, eravamo consapevoli di aver fatto qualcosa di buono e costruttivo e ciò ci ha sempre dato la forza di andare avanti.
Come detto, Urbino sin dal primo momento ha inteso darmi la sua piena fiducia e per questo non posso che ringraziarlo in quanto senza una fiducia incondizionata non avrei potuto esprimere al meglio le mie capacità professionali.
Tra l’altro debbo dire che, contrariamente allo stereotipo del classico capo ufficio decisionista, Urbino si è sempre consultato con i suoi collaboratori, iniziando dal sottoscritto, prima di affrontare momenti complessi della vita sindacale e questo, a mio avviso, è un grande merito che è giusto riconoscergli.
Comunque, per quanto mi riguarda, ho dato la mia piena disponibilità a proseguire una collaborazione con l’USA Beni Culturali magari facendo parte della delegazione trattante con l’Amministrazione in qualche riunione di particolare rilevanza dove viene inevitabilmente richiesta una certa dose di esperienza che, per ovvi motivi, a me non può mancare.
Un saluto a tutti.
Stefano Innocentini

www.stefanoinnocentini.it 

giovedì 13 giugno 2019

L’ARTE DEL JUDO E IL GIOCO DEGLI SCACCHI

La prima volta che sono salito sulla materassina (tatami, in giapponese) avrò avuto circa dieci anni.
Ricordo ancora quanto dovetti insistere con i miei genitori che proprio non ne volevano sapere di farmi praticare questo sport, all’epoca ancora semi sconosciuto (erano gli anni ’60 ) poiché avevano paura che mi potessi fare male.
Nonostante tutto riuscii a spuntarla e con mia immensa gioia iniziai la pratica di questa bellissima e nobilissima arte marziale proveniente dal Giappone.
Purtroppo la palestra (era una palestra del dopolavoro dei dipendenti del Comune di Roma), chiuse dopo un anno e solo da adolescente, qualche anno dopo, ne trovai
un’altra che mi piacesse.
Si trattava della storica palestra Audace, in Via Frangipane (Roma) dove iniziai peraltro a gareggiare come agonista sotto la guida del M° Aureli.
Dopo qualche anno, una serie di vicissitudini tra le quali il lavoro che mi portò a fare da spola tra Roma e Firenze, mi costrinsero a sospendere la pratica del Judo ma, intorno al 1983, dopo essermi sposato e andato a vivere nella zona est di Roma, mi iscrissi al Nettuno Club dove insegnava il M° Umberto Foglia.
Pur essendo ancora giovane e potendo quindi gareggiare, feci la scelta, condivisa anche dalle idee del M° Foglia, di non lasciarmi prendere da un agonismo esasperato bensì di vedere il Judo per quello che realmente è: uno sport che lancia un messaggio altamente educativo che, se colto, può migliorare il modo di vivere e di essere del praticante.
Infatti, se un insegnante prepara l’allievo solo dal punto di vista agonistico, nel tempo probabilmente avrà creato un bravo atleta ma non per questo avrà contribuito a creare una persona migliore.
Pertanto, ricominciai innanzitutto ad allenarmi moltissimo (quasi tutti i giorni) ma principalmente per il piacere di farlo, lontano da finalità esclusivamente agonistiche.
Ricominciai anche a gareggiare ma sempre dando un’importanza relativa al risultato, ovvero, per me era importante gareggiare per il piacere di farlo e consideravo la gara un momento di verifica: se vincevo un combattimento voleva dire che in palestra avevo lavorato bene ed ero migliorato, mentre se perdevo, questo stava a significare che qualcosa andava rivisto e avrei potuto fare meglio la prossima volta.
Nel frattempo erano nati i miei due figli Simone, nel 1985 e Luca, nel 1989.
Il più grande, che ogni tanto mi accompagnava in palestra per assistere agli allenamenti, rimase affascinato da questa disciplina sportiva e mi chiese di iniziarla anche lui.
Lo seguì, dopo qualche anno, anche Luca e ci ritrovammo tutti e tre sul Tatami, seppur in orari e turni diversi ma con la medesima passione.
Nel 1993 avvenne un fatto straordinario che rappresentò per me un grande onore: l’allora Presidente della FILPJ (attuale FIJLKAM) Matteo Pellicone, dopo aver preso visione del mio curriculum di Judoka, decise di conferirmi “Motu Proprio” la Cintura Nera 1° Dan di Judo “Quale riconoscimento della Sua pluriennale attività e dei meriti da Lei acquisiti nell’ambito del Judo italiano” 
Questo riconoscimento, che per qualcuno avrebbe potuto rappresentare un punto di arrivo, ebbe su di me l’effetto di incoraggiamento a proseguire nell’attività judoistica.
Fu così che, trascorsi gli anni necessari per passare di Dan, sostenni l’esame per secondo Dan.
In quest’occasione però, essendo la mia palestra affiliata ad un Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI, si trattò non del grado Federale ma del grado CSEN (fermo restando che il programma d’esame è uguale).
Nel frattempo avevo avuto il piacere di conoscere il Maestro Benemerito di Judo Alberto Di Francia e cominciai a frequentare la sua palestra (Judo Preneste –Sito Internet www.judopreneste.com).
Ogni sabato mattina suo genero, il M° Nicola Ripandelli e il M° Franco Sellari, tenevano presso il Judo Preneste dei corsi di Kata, la cui conoscenza mi era già stata necessaria per il sostenimento dell’esame presso lo CSEN.
Questi corsi erano però particolarmente professionali e decisi di frequentare il Judo Preneste per prepararmi anche all’esame Federale (sempre per il secondo Dan) e inoltre all’apposito corso di preparazione presso il Comitato Regionale Lazio FIJLKAM.

Qui, per capire meglio, bisognerebbe fare una precisazione: tutti i gradi ottenuti presso la FIJLKAM sono automaticamente riconosciuti dagli Enti di Promozione Sportiva del CONI mentre tutti i gradi degli Enti di Promozione Sportiva del CONI non sono riconosciuti automaticamente dalla Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali (FIJLKAM).
In buona sostanza, manca la reciprocità e a mio avviso bisognerebbe fare qualcosa per colmare questa lacuna. Per questo motivo mi sottoposi nuovamente all’esame per secondo Dan (questa volta Federale), che ottenni nel 2002.
Successivamente, desideroso di insegnare questa disciplina, partecipai al corso per istruttori di Judo dello CSEN (del quale ero già allenatore e arbitro regionale) e approfittai dell’occasione per sostenere anche l’esame di 3° Dan.
Nel frattempo anche i miei figli proseguivano nella pratica del Judo diventando entrambi cintura marrone.
Luca però, decise di sospendere tale disciplina fermandosi, appunto, a tale grado. 
Simone, il più grande, nonostante alcuni gravi infortuni avvenuti in fase di allenamento, intese proseguire guadagnandosi in gara la cintura nera 1° Dan.
Io nel frattempo mi dilettavo nell’attività di insegnamento e creai anche un’Associazione culturale denominata CISAM (Centro Italiano per lo Studio delle Arti Marziali) di cui fui nominato Presidente e che affiliai allo CSEN.
Inoltre mi dedicai a scoprire anche un’altra Arte Marziale, l’Aikido, del quale sono cintura marrone.
La mia passione, però, era e resta il Judo e in tempi recenti, dopo aver frequentato un apposito corso Federale, sono diventato Presidente di Giuria regionale della FIJLKAM.
Questo è, in estrema sintesi, il mio curriculum sportivo.
Per quanto riguarda invece gli scacchi, anche in questo caso si tratta di una passione di vecchia data che iniziò quando avevo tredici anni ovvero nel 1972.
All'epoca, infatti, si svolse a Reykjavik, in Islanda, il campionato del mondo di scacchi passato alla storia con l'appellativo di "Incontro del secolo" tra il detentore del titolo Boris Spasskij (U.R.S.S.) e lo sfidante Bobby Fischer (U.S.A.).
L'incontro, che si disputò tra l'11 luglio 1972 e il 3 settembre 1972, fu vinto dall'americano per 12,5 a 8,5.
Eravamo in piena "guerra fredda" e l'incontro ebbe una risonanza mondiale anche perché, per la prima volta, fu trasmesso in televisione.
Ricordo ancora che io, alla fin fine piccolino, lo seguii con grandissima attenzione e passione arrivando anche ad acquistare alcuni manuali (oltre a una scacchiera, naturalmente).
Purtroppo però non riuscii a trovare un circolo scacchistico vicino casa e pertanto dovetti, per forza di cose, abbandonare l’idea.
Tra l’altro, forse non avrei avuto il tempo materiale di inserire anche questa passione nella mia routine quotidiana visto che studiavo pianoforte presso il Conservatorio di Musica Santa Cecilia di Roma dove tra l’altro superai egregiamente sia la prova di ammissione (sembra strano ma per essere ammessi a studiare uno strumento bisognava dimostrare di saperlo già ben suonare) che, dopo qualche anno, il difficile esame di solfeggio e teoria musicale.
Adesso, che ho sessant’anni e sono finalmente in pensione, sto piano piano ritrovando il piacere di dedicarmi a tanti hobby (o se vogliamo usare il plurale - cosa normalmente sconsigliata - potremmo dire hobbies).
Per quanto riguarda il Judo, dopo una vita trascorsa sul Tatami, ho fatto la scelta di sospenderlo anche per motivi di salute.
Per ciò che concerne il pianoforte, mi diletto a suonarlo quando ne ho voglia e tempo a casa visto che ho un ottimo pianoforte acustico verticale.
Ma dopo tantissimi anni, grazie anche al prezioso aiuto di internet, ho trovato vicino a casa mia un bellissimo circolo degli scacchi (Scuola Popolare di Scacchi) aderente alla Federazione scacchistica italiana (F.S.I.) dove vengono svolti corsi, tornei e ci si può mettere alla prova e conoscerci meglio giocando liberamente il martedì sera.
Finalmente, quindi, dopo circa quarantasei anni sto ritrovando il piacere di avvicinarmi a questa disciplina anche se, per ovvi motivi, sono per forza di cose un principiante.
Nonostante tutto ho partecipato con successo al corso per Istruttore Scolastico Divulgativo promosso dalla Federazione Scacchistica Italiana (aderente al C.O.N.I.).
Frequentando la Scuola Popolare di Scacchi ho avuto modo di constatare che molti scacchisti non solo hanno una formazione scolastica superiore (ovvero diplomati ma, ancor di più, laureandi o laureati) ma spesso provengono da studi di tipo scientifico (non di rado matematica e fisica) il che sembrerebbe avvalorare la tesi secondo la quale esiste un forte legame tra razionalità, calcolo e gioco degli scacchi.
Ma da poco ho scoperto che esiste anche una forte relazione tra scacchi e musica.

Tra l’altro sono numerosi i musicisti appassionati di scacchi nonché ottimi giocatori.
Si possono citare, a titolo d’esempio: 
- Francois Philidor (scacchista eccelso del ‘700 ma anche musicista di corte);
- Vasily Smyslov (cantante d’opera);
- Sergei Prokofiev (abile compositore e provetto scacchista);
- Maurice Ravel (1875-1937 - musicista molto noto, tra l’altro per il ‘Bolero’ composto nel 1928);
- Robert Alexander Schumann (compositore, pianista e critico musicale tedesco). Tra l’altro, Schumann scrisse: “Nella musica è come negli scacchi. La regina (melodia) ha il massimo potere, ma il colpo decisivo dipende sempre dal re (armonia)”.
- Ennio Morricone (direttore d’orchestra e compositore di colonne sonore per film);
Ma anche nell’ambito della musica leggera molti artisti sono (o sono stati) anche dei buoni giocatori.
Anche in questo caso possiamo citare, sempre a titolo di esempio:
- Luigi Tenco;
- Fabrizio De André;
- Enrico Ruggeri;
- Max Pezzali;
- Jovanotti;
- Francesco de Gregori
Molto si è scritto sulle similitudini tra le due discipline e quindi non voglio addentrarmi e invito chiunque intenda approfondire di farlo attraverso la lettura di numerosi testi sull’argomento (molto materiale è anche reperibile su internet).
Comunque sembrerebbe che in entrambe le discipline entrino in gioco gli stessi processi cognitivi.
Poi non dimentichiamoci che tutte e due richiedono impegno, dedizione, sacrificio.
Un pianista professionista, per prepararsi ad esempio a un concerto per pianoforte e orchestra, studia mediamente nove ore al giorno alternando esercizi come scale e arpeggi, all’approfondimento della partitura e questo identico sacrificio lo ritroviamo anche negli scacchi in quanto i professionisti, per gareggiare ad alti livelli, devono sottoporsi a una rigorosa disciplina pena la perdita del titolo precedentemente conquistato.
Ad ogni buon conto, anche nello strumento (ad esempio il pianoforte) la stessa improvvisazione (sia che si parli di Blues che di Jazz), segue delle regole ben precise di armonia e quindi richiede un approfondito studio per essere messa in pratica.
Esiste tra l’altro una relazione molto stretta tra la musica e la matematica e quindi un accostamento tra quella che è razionalità e sentimento.
Ad esempio, nel suonare il pianoforte (che è uno strumento percussivo) si pigiano con le dita i tasti che a loro volta mettono in moto dei martelletti che percuotono le corde emettendo un suono.
Se noi immaginiamo di tendere una corda e mettere un ponticello esattamente alla metà, otterremo due suoni identici ma con ottave diverse (uno più grave e l’altro più acuto).
Se poi questo ponticello lo mettiamo ad esempio a 2/3 otterremmo un suono che è equivalente alla quinta della nota precedentemente suonata (se la prima nota era un Si bemolle, avremo quindi la sua quinta ovvero un Fa).
Mettendolo a ¾ avremmo un intervallo di quarta (in questo caso un Mi bemolle).
La musica si incontra con la matematica anche nella ritmica ovvero, ad esempio, una misura di 4/4 è suddivisibile in ottavi che a loro volta possono essere suddivisi in sedicesimi e questo ci fa capire la stretta relazione tra le due discipline.
Naturalmente poi nell’esecuzione intervengono altri fattori come ad esempio delle pause, dei momenti più forti e altri meno forti, ma la scansione delle misure sarà sempre e comunque quella basata su concetti matematici.
Se poi parliamo delle scale musicali (prendiamo a prestito la scala di do maggiore), la sua costruzione è suddivisa in toni e semitoni e, più precisamente, due intervalli di tono tra il Do e il Mi (Do – Re e Re- Mi) un semitono (tra il Mi e il Fa) e infine altri tre toni e un semitono.
Quindi i musicisti sanno perfettamente che una scala maggiore è composta da 2 toni e 1 semitono nonché da 3 toni e 1 semitono.
Preferisco al momento fermarmi qui sulla relazione tra scacchi, matematica e musica perché desidero ora approfondire un altro argomento che mi sta molto a cuore ovvero la relazione tra gli scacchi e il judo.
Spesso ho sentito descrivere la lotta di Judo come una partita a scacchi in movimento.
Non mi ero mai soffermato molto su questa descrizione ma da quando frequento il mio circolo di scacchi, devo dire che in effetti vi sono molte similitudini.
La cosa che immediatamente salta all’occhio è che in entrambe i casi si tratta di un combattimento che, seguendo determinate regole, porta uno dei due contendenti alla vittoria, alla sconfitta oppure al pareggio.
Negli scacchi si deve riuscire a fare prigioniero il Re tramite lo scacco matto e nel Judo si deve riuscire a sconfiggere l’avversario oppure costringerlo alla resa.
Tecnicamente il Judo può essere definito come un metodo d'educazione fisica e mentale basato su una disciplina di combattimento, d'attacco e difesa, a mani nude. 
La stessa cosa però accade nel gioco degli scacchi in quanto viene simulata una battaglia tra il bianco e il nero.
Il Prof. Jigoro Kano, creatore del judo amava dire ai suoi allievi:
"Solo dopo aver tanto combattuto, così da arrivare al di là della nozione di vittoria e di sconfitta, si aprono le porte di una visione d'amore nella vita. Il combattimento di Judo è come una vaccinazione contro la violenza: la si affronta a piccole dosi, la si vince dentro se stessi e infine si acquista la capacità (o la saggezza) di riflettere nelle diverse situazioni della vita".
Esistono poi delle similitudini che si trovano proprio nel corso dell’allenamento e nella gara.
Ad esempio nel Judo è fondamentale salutare rispettosamente il Tatami, in quanto luogo della pratica, il Maestro e, ancor di più, i compagni di allenamento oppure l’avversario in gara (questo avviene all’inizio del combattimento ma anche alla fine).
Negli scacchi c’è meno formalità ma prima di un incontro si usa stringere rispettosamente la mano dell’avversario e augurargli di fare una buona partita.
Nel Judo poi, nel corso dell’allenamento, non è solo il Maestro che insegna agli allievi ma ogni atleta con cintura di grado superiore è tenuto a correggere gli errori che nota nel compagno meno esperto.
Questa modalità di incontro la sto trovando anche nel mio Circolo e mi sta aiutando a crescere in modo non indifferente.
Sovente mi sono trovato a giocare con qualcuno più esperto (diciamo che nei circoli si trovano facilmente persone veramente preparate che giocano a scacchi da anni e hanno anche esperienza di gara) e i loro consigli sono preziosi al pari di qualsiasi lezione teorica.
Un’altra realtà che non mi aspettavo di vedere è la forte partecipazione alla vita del circolo di bambini e/o ragazzi che, iniziando da piccoli, potranno sicuramente diventare dei giocatori molto forti da adulti.
Inutile dire che questa attenzione nei confronti dei bambini e ragazzi esiste anche nelle palestre dove si pratica il Judo.
Negli scacchi poi esiste molta teoria, con lo studio approfondito delle aperture, del medio gioco e dei finali e poco viene lasciato al caso (anche se naturalmente il giocatore esperto saprà creare qualche cosa di nuovo nel corso di una partita).
Nel Judo la realtà è simile in quanto esiste uno studio approfondito delle tecniche di attacco, di quelle in combinazione, delle contro tecniche e della difesa.
L’atleta di Judo normalmente segue una sua strategia e, nel corso del combattimento, cerca di preparare il terreno per mettere in atto il suo Tokui-waza (ovvero la tecnica preferita, il suo speciale). 
Naturalmente più l’atleta è esperto e maggiore sarà il bagaglio di conoscenze che lo porteranno a vincere seguendo anche il suo istinto.
Lo stesso accade negli scacchi in quanto sono ben forti i concetti di strategia e tattica.
Molto conta anche il lato psicologico che è fondamentale sia nel Judo che nel gioco degli scacchi.
Nel Judo più l’atleta è esperto e maggiore è la sua percezione della psicologia dell’avversario. Questo potrà tornargli utile nel corso del combattimento per capire non solo con quale tecnica attaccare ma anche il giusto momento e le falle nella difesa avversaria.
Niente di più simile di quello che accade quando ci si siede di fronte a una scacchiera.
Un’ultima considerazione desidero farla circa la resa.
Infatti l’obiettivo del combattimento e quello principalmente di proiettare l’avversario facendolo cadere con la schiena sul tatami ottenendo una vittoria immediata (esistono comunque anche dei punteggi intermedi) ma si può vincere anche attraverso le cosiddette tecniche di controllo.
Le tecniche di controllo consistono in una immobilizzazione al suolo o “presa” (osae komi waza), una tecnica di lussazione o “leva” sul gomito (kansetsu waza) o uno strangolamento (shime waza).
In questo caso ho notato una differenza tra le due discipline nel senso che spesso anche grandi giocatori di scacchi, quando ritengono di non poter più proseguire il gioco, lo abbandonano dichiarandosi sconfitti tramite la resa.
Nel Judo, invece, la resa è praticamente immediata quando si sta subendo una tecnica di lussazione o “leva” sul gomito (kansetsu waza) o uno strangolamento (shime waza).
Nessuno vuole che gli atleti si procurino danni e quindi chi sta subendo una leva articolare oppure uno strangolamento potrà (anzi dovrà) battere due volte la mano sul tatami (oppure anche con il piede se gli arti superiori sono bloccati) o anche o dicendo maitta, che in giapponese significa "mi arrendo"
Per quanto riguarda invece l’immobilizzazione al suolo, l’atleta ha un certo numero di secondi per cercare di liberarsi e sono frequenti i ribaltamenti di fronte proprio in questa fase del combattimento dove da immobilizzato si può diventare colui che immobilizza.
È per questo che faccio un po’ di fatica a concepire la resa negli scacchi in quanto vi sono molte opportunità per arrivare a una patta ad esempio per stallo oppure per ripetizione di mosse o anche per scacco perpetuo.
Certo, se si fronteggia un avversario esperto sarà ben difficile indurlo nell’errore ma ritengo, a mio modesto avviso, che potrebbe sempre valere la pena tentare.
Spero che queste mie riflessioni siano gradite e attendo volentieri dei commenti costruttivi per crescere sempre di più nel mondo degli scacchi.

Stefano Innocentini

mercoledì 5 giugno 2019

DANNI ARBITRALI


Una disciplina sportiva vale quanto valgono gli arbitri che ne dirigono l'attività anche perché senza regole e senza arbitri che le facciano vivere non c’è, letteralmente, disciplina sportiva.

Per far questo occorre creare una classe arbitrale in grado di dare credibilità alla competizione sportiva. 

L'arbitraggio, infatti, consiste nel verificare prima l'attitudine (propria) che permette di arbitrare il proprio figlio, il proprio amico o il proprio allievo senza favorirlo. né danneggiarlo.

Questa capacità deve prevedere un’alta qualità tecnica, ma anche grande qualità morale, senza le quali qualsiasi arbitro è destinato a perdere serenità e sicurezza.

In questa fattispecie possono esservi ottimi arbitri, naturalmente dotati di autorevolezza, velocità di giudizio, padronanza tecnica e arbitri inesperti ma moralmente dotati e, dunque, comunque destinati a diventare bravi arbitri

C’è poi la fattispecie di arbitro di scarsa personalità, di solito compiacente verso "le personalità" , che favorisce certi atleti danneggiando gli altri.

Tali arbitri sono il vero danno delle discipline che sono chiamati a dirigere. Talvolta sono persino dotati tecnicamente, e perciò ancora più censurabili, perché oltre a danneggiare l'intero movimento danneggiano atleti che si allenano duramente e che dovrebbero essere giudicati con serenità.

Evidentemente questi giudici/arbitri non hanno mai versato una stilla di sudore sopra un campo, una palestra, un tatami e non conoscono il valore morale dello sport e sicuramente nella vita civile fuori dello sport. Inaffidabili come cittadini, come arbitri e dunque come uomini.

Compito delle Federazioni è quello di rivolgere particolare attenzione a questo movimento e le commissioni che sono chiamate a istruire e a creare gli elenchi che solitamente sono divisi in regionali, nazionali e internazionali hanno il dovere di verificarne la capacità, l’onestà e la volontà di migliorarsi isolando e via via escludendo coloro che non riescono a migliorarsi o che non danno prova di rettitudine.

Il compito dovrebbe riguardare anche i comitati regionali che hanno il polso di tutti gli arbitri/giudici che lavorano in regione.

Sempre le qualificazioni per le finali nazionali passano attraverso il giudizio degli arbitri regionali e non mi è mai capitato di vedere i commissari che sono preposti a formare, correggere o sovvertire giudizi errati o addirittura falsati. Capisco che le aree di combattimento sono molte e una persona sola non può arrivare dappertutto, comunque non credo che un commissario di gara esperto e attento non si crei un giudizio su quelli cui è chiamato ad osservare e bisognerebbe impedire a coloro che non ne hanno la qualità di fare carriera coperti da dirigenti compiacenti.
 Ovviamente nelle finali nazionali dove la tecnologia dà un supporto i giudizi sono molto più aderenti (non sempre) a quanto si è visto sul tatami ma questo sistema deresponsabilizza in parte l'arbitro e nè limita la crescita ma penso che a visionare quanto è accaduto sarebbe diritto degli allenatori di essere chiamati senza diritto di commento davanti al monitor.

19/10/2012

IL RONIN
A.D.F

M° Alberto di Francia.
7° dan di Judo
Maestro benemerito
Medaglia d’onore al merito sportivo
Stella CONI  al merito sportivo
Azzurro di Judo
Membro d’onore della FIJLKAM riconoscimento ottenuto per acclamazione nella Assemblea Nazionale della FIJLKAM.

giovedì 30 maggio 2019

I PIACERI DELLA TAVOLA: POLPETTE A BRURICEDDU

I PIACERI DELLA TAVOLA

A cura di Elisabetta Giannini

POLPETTE A BRURICEDDU

Ingredienti (4 persone):
300 gr. di ceci secchi;
300 gr. di carne di vitello macinata; 60 gr. di caciocavallo;
3 cucchiai di pangrattato; 1 ciuffetto di prezzemolo; 1 uovo;
2 carote;
1 costa di sedano;
1,2 l di brodo di carne; olio di oliva extravergine; sale e pepe.

Procedimento:

La sera prima mettete in ammollo i ceci. Il giorno dopo riducete le carote e il sedano a pezzetti e fateli ammorbidire in un ampia casseruola con un filo d’olio. Versate il brodo e cuocete per almeno 1 ora e mezza, o finche i ceci saranno morbidi. A fine cottura aggiustate di sale.
Nel fra tempo mescolate la carne di vitello con l’uovo, il pangrattato, il formaggio grattugiato e il prezzemolo tritato. Regolare di sale e pepe e formate con le mani circa 24 polpettine poco più grandi di una noce.
Quando la zuppa sarà pronta, tuffate le polpettine nel brodo bollente e fatele cuocere 10-15 minuti. Servitele calde, completando a piacere con altro prezzemolo, caciocavallo e una manciata di pepe.

RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA: I FIGLI DEL FIUME GIALLO

Jia Zhangke, già acclamato auto- re di “Al di là delle montagne” e del Leone D’Oro per “Still Life”, continua nel suo nuovo film la ricerca sui cambiamenti della Ci-na. 
Il film si apre nel 2001 e si chiude nel 2018; racconta la storia di Qiao una ballerina innamorata di un gangster, Bin (interpretato da Liao Fan), che, trovandosi coinvolta in un combattimento tra bande locali, per difenderlo spara un colpo di pistola. 
Per questo finirà cinque anni in carcere, la detenzione delle armi è proibita. Dopo il suo rilascio Qiao cercherà Bin per riprendere la sua vita con lui ma niente è rimasto come prima.
In questo lasso di tempo la Cina ha continuato ad attraversare trasformazioni epiche e drammatiche, sentiamo cosa dice il regista:” Ho immaginato una donna nata e cresciuta nella mia città natale, in una regione mineraria nel nordovest della Cina. Il suo nome è Qiaoqiao (“Qiao” come diminutivo) e si innamora di un tizio appartenente al jianghu. 
Il loro tormentato amore sarebbe stato l'inizio della storia. Nel 2006, raggiungono l'età matura e l'uomo parte per la regione delle Tre Gole. Lei lo segue, ma il loro rapporto si è incrinato”….” 
Ho preso a prestito il titolo  cinese del film JIANGHU ERNÜ (“Figli e figlie del Jianghu”) dall'ultimo progetto di Fei Mu, il maestro del cinema cinese attivo negli anni 1930 e 1940”. Il titolo cinese dice quasi tutto. La coppia del film vive ai margini della società. Sopravvive sfidando l'ordine sociale convenzionale: un mondo di individui che osano sfidare l'ordine costituito e che vivono secondo i principi morali della bontà e dell'ostilità, dell'amore e dell'odio.
Jia Zhangke ha utilizzato scene girate negli anni; all’inizio l’interessante inquadratura delle persone sull’autobus ha addirittura un formato diverso e ben ci immette nel 2001; anche alcune scene di paesaggi nella parte centrale del film sono state precedentemente girate dal regista e inserite per mostrare un’epoca che non esiste più, per regalarci uno spaccato reale dei cambiamenti avvenuti in circa un ventennio.
Film lento, che lascia l’amaro in bocca, cresce nei giorni a venire e s’insinua sotto pelle. Non sarà che non solo la Cina ha fatto cambiamenti “disumani” ? La società, in genere, costringe a ritmi e tempi che non fanno stare bene. Tutti rincorriamo qualcosa di cui forse non abbiamo un reale bisogno.
Non possiamo che essere d’accordo coll’importante regista: “Non siamo in grado di separarci dai nostri legami emotivi, dai nostri amori, dai nostri ricordi e dalle nostre abitudini che ci impediscono di volare alto. Questi legami sono come la forza di gravità che ci inchioda sulla terra e ci preclude la possibilità di andare nello spazio. Una forza di gravità emotiva che ci mantiene saldamente legati ai nostri rapporti sociali e ci impedisce di andarcene liberamente. E quando lottiamo per liberarci, il risultato si riflette nella nostra dignità di esseri umani”. La pellicola, allora si riavvolge su se stessa per torna- re alle visioni e ai luoghi prece- denti: la donna ora è padrona del locale dove in passato primeggia- va Bin, ma non funziona così: l’amore nasce dall’essere se stessi.
Forse Qiao, interpretata dalla grande attrice Zaho Tao, che nel 2012, è stata protagonista del film di Andrea Segre IO SONO LÌ ( vincendo il David di Donatello come Miglior attrice protagonista, premio attribuito per la prima volta ad una attrice) sta anche  ad impersonare la donna che non ha saputo emanciparsi secondo una propria visione del mondo, senza seguire le orme inappropriate, in questo caso proprio sbagliate, del maschio. 
A Qiao, uscita di prigione, si presenta una alternativa, ma lei non la coglie, non coglie l’opportunità di cambiare per un ostinato orgoglio, secondo il quale deve dimostrare ad altri di diventare quello che immagina che farà loro piacere.

Antonella D’Ambrosio