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mercoledì 13 marzo 2019

DIPENDENTI PUBBLICI? SEMPRE PIÙ BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI!!!

Brutti, sporchi e cattivi è il titolo di un famoso film del 1976 diretto da Ettore Scola, con attore protagonista Nino Manfredi.
Il film, che tra l’altro vinse il premio per la miglior regia al 29º Festival di Cannes, è ambientato nelle baraccopoli della periferia di Roma degli anni settanta.
Sembra però che per essere brutti, sporchi e cattivi non sia necessario appartenere al cosiddetto “sottoproletariato” ovvero alla classe sociale economicamente più debole rispetto al proletariato (che già comunque fa parte di uno strato sociale svantaggiato della popolazione).
Per quanto se ne possa dire e parlare male, i dipendenti pubblici (ovvero i servitori dello Stato) lungi dall’avere ancora alcuni privilegi (come ad esempio le baby pensioni) che li hanno visti protagonisti fino a numerosi anni fa (non dimentichiamoci che il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici è stato ormai privatizzato già da moltissimo tempo), si trovano per ironia della sorte addirittura svantaggiati rispetto ai lavoratori di altri settori.
Un esempio su tutti l’indebito ritardo del pagamento del TFR che li costringe ad attendere il proprio Trattamento di Fine Rapporto fino a 51 mesi, tra dilazioni e rateizzazioni.
A tal proposito c’è comunque da segnalare che il 17 aprile 2019 è stata fissata l’udienza della Corte Costituzionale per il ricorso UNSA (Unione Nazionale Sindacati Autonomi) sull’indebito ritardo del pagamento del TFR per i dipendenti pubblici al fine di consentire a questa categoria di lavoratori di vedersi riconoscere il TFR che si sono meritati nella loro carriera, immediatamente all’atto del pensionamento.
Ma la disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e lavoratori di altri settori non si limita a questo.
Infatti, in un momento storico che vede un vero e proprio esodo di pensionati verso Paesi nei quali è possibile pagare nulla o comunque meno tasse, trovandosi di fatto ad avere una pensione più “pesante”, gli ex dipendenti pubblici non possono avere questa possibilità.
L'Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) era l’Ente di riferimento per tutti i dipendenti pubblici che è recentemente confluito nell’ Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
Questa unione però non ha apportato una vera e propria parificazione tra i pensionati in quanto i lavoratori “ex INPDAP” che desiderano prendere la residenza in un Paese estero al fine di avere delle agevolazioni pensionistiche, si trovano nell’impossibilità di coronare questo sogno.
Il problema nasce proprio da una serie di convenzioni internazionali stipulate dal Governo italiano con molti Paesi come ad esempio il Portogallo e la Spagna (per la precisione la meta più gettonata sono le isole Canarie anche per il clima mite tutto l’anno e il costo della vita molto contenuto).
La cosa scandalosa e assurda è però che, nonostante l’unificazione con l’INPS, queste convenzioni non sono state applicate ai lavoratori ex INPDAP.
Le uniche convenzioni al momento esistenti per questa categoria di lavoratori (ovvero ex INPDAP) sono nei confronti dei seguenti paesi: Cile, Senegal, Tunisia e Australia.
Se consideriamo che i lavoratori INPS possono scegliere tra oltre settanta Paesi (molti dei quali europei) che vanno dal Belgio alla Danimarca passando per la Finlandia, la Francia e Malta ci rendiamo conto che la disparità di trattamento è non solo notevole ma a dir poco scandalosa.
Ci vorrà forse un ricorso anche per avere questo sacrosanto diritto?
Speriamo che la ragione prevalga e che qualcosa cambi, soprattutto cambi in fretta.




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