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domenica 7 aprile 2019

TRUE LOVE IN JAPAN: THE STORY OF KAKUTA HIROKATSU



Today we will tell you the story of Hirokatsu, about his love that lasted until death. 
Sumo, is a very famous, japanese art, the people that practice this art, must do a very hard program, since childhood it's not only a fight, but they choose it as part of their lives. Hirokatsu started to practice Sumo, since middle school thanks to his continuos effort he became a professional Sumo wrestler, but without becoming famous. 


He was 20 years old, when he met a girl at the same age the two of them fall in love immediatly, but the shyness of Hirokatsu and his constat Sumo practice, they couldn't always be together. 
Although the girl did accompany him in his tournament, and she said to him, that she wants to marry him, the two of them decided to wait for love. She was 20, when she visited a tournament, where he lost.

Before saying goodbye, she said to him, that she will return to Osaka, with her parents that travelled with her. He said that he will return back with he Shinkansen (high speed train) from Osaka to Tokyo he promised her, that he will call right when he arrives back home, in Tokyo. But that call never arrived. His mates watched TV in the hall, during the retreat, when the news of a plane crashing came, the one flying from Osaka to Tokyo, 520 where the passenger, a lot of them where dead and a lot of them where missing. They said the names, so that the population knew who was missing, and they also the identification of the cadavers The names of the girl and her parents where announced The mates ran to Hirokatsu, and he couldn't believe it.

He said that his girl took he train and not the plane! 

So, he tried to call her, but she never answer the phone. 

After the identification of the body, Hirokatsu recieved her personal accessories and also an album of memories. The girl did collect all articles and pictures about her boyfriend, adding hope notes to the pictures, where he was on. Since that day, Hirokatsu did regret that he didn't married her, when there was the possibility.

From that day, every year at her birthday, he visited her grave.He dedicated all of his time in Sumo, so that he didn't feel the loss but he never became a champion.

He retired quite early, and he opened a restaurant in Osaka, because of a stroke, he lost almost all use of the word and he worked really hard to achieve an autonomous mobility but also with that problem, he never missed a year to visit the girl's grave every birthday he died alone at just 50 The girl was his first girlfriend, his first love and also the last one. 

Friends and old Sumo mates, did say that he looked happy, when he died Finally he could reunite with his love This is a true story! I know it sounds to romantic, but it's true that Hirokatsu loved his girlfriend, for all his life.

It was the year 1985, where true love still existed. 

Oggi vi narrerò la storia di Kakuta Hirokatsu e del suo amore durato oltre i confini della morte.

Il Sumo è un arte giapponese molto famosa e i suoi praticanti seguono uno stile di vita molto duro fin dai tempi delle scuole.  Non è solo un combattimento, è la scelta di una vita. 

Kakuta Hirokatsu inizia a seguire la via del Sumo durante le scuole medie e grazie al suo costante impegno già da giovanissimo divenne un lottatore professionista non raggiungendo tuttavia mai la fama.

Aveva quasi vent'anni quando conobbe una ragazza della stessa età e i due si innamorarono l'uno dell'altra immediatamente ma il carattere timido ed il costante e l'impegno profuso nel Sumo di Kakuta Hirokatsu impedirono ai due di stare spesso insieme nonostante la ragazza lo seguisse sovente nei suoi tornei e gli avesse dichiarato di volerlo sposare presto.

I due decisero di aspettare per coronare il loro amore. Lei aveva 20 anni esatti quando un giorno lo andò a trovare dopo un torneo che lui perse e durante il  periodo di riposo,  prima di salutarsi in modo che Kakuta Hirokatsu potesse tornare ai suoi allenamenti,  lei gli disse che sarebbe tornata Osaka coi genitori, anch'essi venuti in viaggio con lei e sarebbe tornata usando lo shinkansen il treno superveloce che collega Tokyo, dove lui si trovava, con Osaka. 

Gli promise di telefonargli appena arrivata a casa ma quella chiamata non giunse mai e i compagni di  Kakuta Hirokatsu stavano guardando la tv nella sala comune del ritiro quando giunse la notizia di un aereo sulla rotta a Tokyo -  Osaka precipitato tra le montagne.

520 erano i passeggeri, molti erano morti e altri, al momento dispersi. Vennero resi noti i nomi di modo che la popolazione aiutasse nelle ricerche e nell'identificazione dei cadaveri.

I nomi della ragazza e dei suoi genitori vennero annunciati. I compagni corsero da Kakuta Hirokatsu ma egli rifiutò di accettare la verità. La sua ragazza non aveva preso l'aereo, era sul treno. Provò e riprovò a telefonarle nessuno mai rispose alle sue chiamate.  Dopo l'identificazione dei corpi Kakuta Hirokatsu ricevette alcuni effetti personali della ragazza tra i quali un album di ricordi la giovane aveva collezionato.  Ogni articolo e  foto riguardante il suo fidanzato, scrivendo come noti i suoi sogni speranze i migliori auguri di riuscire nel suo sogno.

Kakuta Hirokatsu non si perdonò mai di non averla sposata quando ne aveva avuto la possibilità.

Ogni anno da allora visitò la di lei tomba nel luogo dell'incidente in concomitanza del compleanno della sua fidanzata e si impegnò  anima e corpo nel Sumo per non vanificare la perdita ma non divenne mai un campione.

Si ritirò piuttosto giovane aprendo un piccolo ristorante ad Osaka e, a causa di un ictus,  perse quasi del tutto l'autonomia.. Tuttavia non smise mai di presentarsi al cospetto del luogo dove la fanciulla era morta compleanno dopo compleanno.

Morì che aveva appena 50 anni e solo la giovane era stata la sua prima ragazza il suo primo amore ed era stata anche l'ultima.

Amici ed ex compagni del Sumo affermarono che da morto aveva un aspetto sereno; finalmente poteva ricongiungersi col suo amore.

Questa è una storia vera, certo qualcosa potrebbe essere stato romanzato ma è sicuro che Kakuta Hirokatsu abbia amato per tutta la vita la sua unica ragazza visitando ogni anno la sua tomba. 

Era il 1985 e ancora esisteva il vero amore.





martedì 26 marzo 2019

IL MIO JUDO

La prima volta che sono salito sulla materassina (tatami, in giapponese) avrò avuto  circa dieci anni.
Ricordo ancora quanto dovetti insistere con i miei genitori che proprio non ne volevano sapere di farmi praticare quello sport all’epoca ancora semi sconosciuto  (erano  gli anni ’60 ) poiché avevano paura che mi potessi fare male.
Nonostante tutto riuscii a spuntarla e con mia immensa gioia iniziai la pratica di questa bellissima e nobilissima arte marziale proveniente dal Giappone.
Purtroppo la palestra (era una palestra del dopolavoro dei dipendenti del Comune di Roma), chiuse dopo un anno e solo da adolescente, qualche anno dopo, ne trovai
un’altra  che mi piacesse.
Si trattava della storica palestra Audace, in Via Frangipane (Roma) dove iniziai  peraltro a gareggiare come agonista sotto la guida del M° Aureli.
Dopo qualche anno, una serie di vicissitudini tra le quali il lavoro che mi portò a fare da spola tra Roma e Firenze, mi costrinsero a sospendere la pratica del Judo ma, intorno al 1983, dopo essermi sposato e andato a vivere nella zona est di Roma, mi iscrissi al Nettuno Club dove insegnava il M° Umberto Foglia (con me nella fotografia il primo a sinistra, i due ragazzi sono i miei figli Simone e Luca).
Pur essendo ancora giovane e potendo quindi gareggiare, feci la scelta, condivisa anche dalle idee del M° Foglia, di non lasciarmi prendere da un agonismo  esasperato bensì di vedere il Judo per quello che realmente è: uno sport che lancia un messaggio altamente educativo che, se colto, può migliorare il modo di vivere e di essere del praticante.
Infatti, se un insegnante  prepara l’allievo solo dal punto di vista agonistico, nel  tempo probabilmente avrà creato un bravo atleta ma non per questo avrà creato
un  essere migliore.
Pertanto ricominciai innanzitutto ad allenarmi moltissimo (quasi tutti i giorni) ma  principalmente per il piacere di farlo, lontano da finalità esclusivamente agonistiche.
Ricominciai anche a gareggiare ma sempre dando un’importanza relativa al risultato, ovvero, per me era importante gareggiare per il piacere di farlo e consideravo la gara un momento di verifica: se vincevo un combattimento voleva dire che in palestra avevo lavorato bene ed ero migliorato, mentre se perdevo, questo stava a significare che qualcosa andava rivisto e avrei potuto fare meglio la prossima volta.
Nel frattempo erano nati i miei due figli Simone, nel 1985 e Luca, nel 1989.
Il più grande, che ogni tanto mi accompagnava in palestra per assistere agli allenamenti, rimase affascinato da questa disciplina sportiva e mi chiese di iniziarla anche lui.
Lo seguì, dopo qualche anno, anche Luca e ci ritrovammo tutti e tre sul Tatami, seppur in orari e turni diversi ma con la medesima passione.
Nel 1993 avvenne un fatto straordinario che rappresentò per me un grande onore: Il Presidente della FILPJ (attuale FIJLKAM) Matteo Pellicone, dopo aver preso visione del mio curriculum di Judoka, decise di conferirmi “Motu Proprio” la Cintura Nera 1° Dan di Judo “Quale riconoscimento della Sua pluriennale attività e dei meriti da Lei acquisiti nell’ambito del Judo italiano” 
Questo riconoscimento, che per qualcuno avrebbe potuto rappresentare un punto di arrivo, ebbe su di me l’effetto di incoraggiamento a proseguire nell’attività judoistica.
Fu così che, trascorsi gli anni necessari per passare di Dan, sostenni l’esame per secondo Dan.
In quest’occasione però, essendo la mia palestra affiliata ad un Ente di Promozione  Sportiva riconosciuto dal CONI, si trattò non del grado Federale ma del grado  CSEN ( fermo restando che il programma d’esame è uguale).
Nel frattempo avevo avuto il piacere di conoscere il Maestro Benemerito di Judo Alberto Di Francia e cominciai a frequentare la sua palestra ( Judo Preneste –Sito Internet www.judopreneste.com ).
Ogni sabato mattina il M° Nicola Ripandelli e il M° Franco Sellari, tenevano (e tengono tuttora) presso il Judo Preneste dei corsi di Kata, la cui conoscenza  mi  era già stata necessaria per il sostenimento dell’esame presso lo CSEN.
Questi corsi erano però particolarmente professionali e decisi di frequentare il Judo 
Preneste per prepararmi anche all’esame Federale (sempre per il secondo Dan) ed 
inoltre all’apposito corso di preparazione presso il Comitato Regionale Lazio FIJLKAM.
Qui, per capire meglio, bisognerebbe fare una precisazione: tutti i gradi ottenuti 
presso la FIJLKAM sono automaticamente riconosciuti dagli Enti di Promozione Sportiva del CONI mentre tutti i gradi degli Enti di Promozione Sportiva del CONI non sono riconosciuti automaticamente dalla Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali. In buona sostanza, manca la reciprocità e a mio avviso, bisognerebbe fare qualcosa  per colmare questa lacuna. Per questo motivo mi sottoposi nuovamente all’esame per secondo Dan, che ottenni nel  2002.
Successivamente, desideroso di insegnare questa disciplina, partecipai al corso per istruttori di  Judo dello CSEN (del quale ero già allenatore e arbitro regionale) e approfittai  dell’occasione per sostenere anche l’esame di 3° Dan.
Nel frattempo anche i miei figli proseguivano nella pratica del Judo diventando  entrambi cintura marrone.
Luca però, decise di sospendere tale disciplina fermandosi, appunto, a tale grado. 
Simone, il più grande, nonostante alcuni gravi infortuni avvenuti in fase di allenamento, intese proseguire guadagnandosi in gara la cintura nera 1° Dan. Io nel frattempo mi dilettavo nell’attività di insegnamento e creai anche  un’Associazione culturale denominata CISAM (Centro Italiano per lo Studio delle Arti Marziali) di cui fui nominato Presidente e che affiliai allo CSEN.
Inoltre mi dedicai a scoprire anche un’altra Arte Marziale, l’Aikido, del quale sono 
cintura marrone.
La mia passione, però, era e resta il judo e in tempi recenti, dopo aver frequentato un apposito corso Federale, sono diventato Presidente di Giuria regionale della FIJLKAM.
Questo è, in estrema sintesi, il mio curriculum sportivo che ho descritto nella speranza che qualche visitatore di questo Sito Internet possa trovarne spunto
e  incoraggiamento per avvicinarsi a tale pratica.
Bisogna infatti precisare che il Judo è adatto a tutte le persone, sia uomini che
donne,  sia adulti che bambini.
Come tutte le pratiche sportive, se si inizia da giovani e lo si prosegue negli anni,  può dare molte soddisfazioni ma anche una persona adulta può tranquillamente  iniziare a praticarlo.
Naturalmente chi ha iniziato da molti anni (magari da ragazzo), avrà molta più esperienza pur  essendo più giovane d’età, ma non bisogna scoraggiarsi.
L’importante è cercare una buona palestra e un bravo maestro.
Tutto il resto verrà di conseguenza.




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