venerdì 20 giugno 2025

ANCHE TU AMI SCRIVERE?

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Se anche tu ami scrivere non posso che darti il benvenuto (o la benvenuta) in questa che vuole essere una semplice e pacata riflessione.
Non conoscendoti, posso semplicemente partire dalla mia esperienza di scrittura e dalle profonde motivazioni che mi spingono a scrivere praticamente da sempre.
Sin da piccolino, alle scuole elementari, eccellevo nei temi nei quali mi sbizzarrivo a scrivere storie, spesso anche divertenti, al punto che, alla terza elementare (stiamo parlando degli anni ’60), il Maestro (che se non ricordo male si chiamava Dante) parlò molto bene di me al Preside e, dopo l’aver scritto un tema lungo e divertente, volle che lo leggessi a tutta la classe.

Qualcosa di analogo capitò all’esame di maturità dove, in una delle prove scritte (un tema di cultura generale), presi il massimo dei voti e ricevetti i complimenti della commissione ministeriale.

Però c’è da dire che, al di là dello scrivere, la passione principale, la vera base, è sempre stata la lettura.

Faccio fatica a capire come mai in questo periodo fanno la comparsa tanti scrittori (o aspiranti tali) che in vita loro non hanno mai letto un libro o, se ne hanno letto qualcuno, lo hanno fatto svogliatamente e in via del tutto eccezionale.

La lettura rappresenta le fondamenta della scrittura e chiunque ami scrivere deve sempre tenere a mente questo parallelo.

Tornando a me e facendo un salto nel tempo, essendo stato per oltre trent’anni un affermato sindacalista a livello nazionale nel Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, lo scrivere è divenuto quasi una professione in quanto un sindacalista, se vuole essere un bravo professionista, non può e non deve limitarsi a saper condurre un’assemblea oppure un convegno. Deve anche scrivere, scrivere e ancora scrivere.

Nel mio caso, negli anni ’90, sono stato direttore responsabile del periodico del sindacato autonomo CONFSAL-UNSA Beni Culturali e, in tale veste, sono stato iscritto all’Ordine dei Giornalisti.

Peraltro, sempre in quel periodo, alcuni miei scritti furono pubblicati su Quotidiani nazionali come, ad esempio, Il Sole 24 Ore.

In una fase successiva della mia vita ho poi scritto il mio vero e proprio libro autobiografico (adesso in vendita su Amazon con il titolo “Dentro la tana del lupo”) e inoltre, un libro in memoria di mio zio Erigo Benedetti, deceduto nel corso dell’ultimo scontro armato tra le forze italiane e quelle tedesche a guerra ormai terminata.

Anche questo libro è in vendita su Amazon e si intitola “L’ultima battaglia di un Ardito”.
Fatte queste premesse, torniamo alla domanda principale: anche tu ami scrivere? E per quale motivo?

Lo fai solo per il piacere di poter vedere la tua fatica in una libreria oppure perché hai sentito il bisogno interiore di mettere nero su bianco una storia, delle sensazioni, delle opinioni?
Penso che ciascuno di noi abbia un talento che deve essere coltivato. C’è che ama scrivere, chi ama suonare uno strumento, chi ama dipingere, etc.

Quindi la mia convinzione è che praticamente tutti noi esseri umani abbiamo un talento da coltivare e, se il tuo talento è la scrittura, allora che ben venga e il mio consiglio è di coltivarlo sempre, giorno dopo giorno.

Se però lo fai perché pensi che sia una facile strada per la notorietà o la ricchezza, allora devo darti una brutta notizia: per uno scrittore di fama ce ne sono centinaia (magari anche molto bravi) che però non riescono a decollare e questo per milioni di motivazioni.

La strada della scrittura è una strada meravigliosa e che potrà darti tanto ma, questo è almeno il mio consiglio, se sei all’inizio e non sei un nome conosciuto, non ti aspettare che in poco tempo centinaia di persone leggeranno la tua opera.

Naturalmente te lo auguro ma sappi che la vera fatica non è solo quella di scrivere ma è rappresentata da tutti i passaggi successivi che hanno lo scopo di farti conoscere a un pubblico sempre più vasto come ad esempio presentazioni o partecipazione a concorsi letterari (ve ne sono per varie categorie come ad esempio narrativa e poesia e anche specifici per scrittori esordienti).

Termino con il farti i miei più calorosi auguri per il tuo futuro.
Stefano





LO SCIOPERO È UN DIRITTO SANCITO DALLA NOSTRA COSTITUZIONE (MA SERVE BUON SENSO)

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un succedersi di scioperi in diversi settori, in particolar modo nei trasporti pubblici, con effetti che hanno avuto un impatto negativo notevole sulla vita quotidiana di tante persone. Quando treni, autobus e metropolitane si fermano, milioni di persone, tra lavoratori, studenti, famiglie e turisti, si trovano bloccati. 
È una situazione che crea un forte disagio e spesso anche un senso di abbattimento, soprattutto per chi già affronta difficoltà economiche o personali.
Questa realtà ci porta a riflettere sull’utilizzo dello sciopero, che è uno strumento fondamentale per i diritti dei lavoratori, sancito anche dalla nostra Costituzione. 
Lo sciopero ha radici profonde nella storia delle lotte sindacali e, in passato, ha fatto in modo che si raggiungessero conquiste importanti per la dignità del lavoro. 
Però, come ogni strumento potente, va usato con attenzione e responsabilità.
Questa forma di protesta è nata per dare voce ai lavoratori quando le condizioni di lavoro diventano insostenibili o quando i diritti vengono calpestati. È un mezzo di pressione diretto, che punta a costringere il datore di lavoro a sedersi al tavolo delle trattative. 
Negli ultimi tempi, però, sembra che questa funzione originaria si sia un po’ persa. Sempre più spesso gli scioperi, pur proclamati ufficialmente per legittime rivendicazioni lavorative, sembrano essere utilizzati a scopi di natura politica.
Sicuramente non c’è nulla di sbagliato nel voler esprimere un dissenso politico, ma quando lo sciopero si trasforma in uno strumento generico di protesta, rischia di perdere effetto. 
I cittadini, che ne subiscono le conseguenze immediate, possono iniziare ad avvertirlo come un intralcio anziché come una legittima difesa dei diritti e questo è particolarmente vero in un momento storico come quello attuale, in cui tante famiglie fanno già i conti con rincari, stipendi insufficienti e difficoltà quotidiane.
Il risultato non può che essere una crescente sfiducia nei confronti di questa forma di protesta, che rischia di allontanare proprio quel sostegno popolare che in passato ha reso gli scioperi così potenti. 
È un problema che non possiamo ignorare perché se lo sciopero perde il suo valore agli occhi dell’opinione pubblica, perde anche la sua forza come strumento di lotta.
Per questo motivo è importante che tutti i sindacati riflettano sull’uso dello sciopero e su come mantenerlo efficace. Non si tratta di rinunciare a questo diritto, ma di usarlo con criterio. 
Riservare lo sciopero a situazioni davvero critiche, dove tutte le altre vie si sono rivelate inutili, permette di preservarne il significato e la forza.
Ci sono infatti altre alternative che possono essere percorse come ad esempio Tavoli di confronto e negoziati, tutte forme di protesta meno invasive che sono strumenti che possono affiancare o, in certi casi, sostituire lo sciopero. La capacità di ottenere risultati non si misura solo dal numero di giornate di sciopero proclamate, ma dalla qualità del dialogo e delle soluzioni che ne derivano.
Lo sciopero deve tornare a essere uno strumento straordinario, da utilizzare solo quando non ci sono altre soluzioni. Non possiamo quindi permetterci che diventi un’abitudine, perché così facendo rischiamo di svuotarlo del suo significato e della sua forza.
L’obiettivo deve essere sempre quello di costruire un sistema più giusto, dove i diritti dei lavoratori siano considerati, ma anche dove il rispetto per i cittadini non venga mai meno perché alla fine, siamo tutti parte della stessa comunità e una comunità forte e coesa si costruisce attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e la collaborazione.

giovedì 19 giugno 2025

IL MITO DEL POSTO FISSO: PERCHÉ IN ITALIA RESISTE E TORNA A SEDURRE NEL SECONDO MILLENNIO

 

«Io voglio fare il posto fisso». Così rispondeva un piccolo Checco Zalone, nel famoso film Quo Vado? al maestro che gli chiedeva cosa avrebbe voluto fare da grande. 

In effetti, in Italia il posto fisso, soprattutto nel settore pubblico, continua a essere considerato una meta ambita, simbolo di sicurezza e stabilità. Questa aspirazione, radicata nella cultura italiana da decenni, sembra resistere, se non rafforzarsi, nel contesto contemporaneo. Sorprendentemente, dopo un periodo di esaltazione delle libere professioni e delle carriere flessibili, si sta osservando una sorta di inversione di tendenza, con molti professionisti che abbandonano la libera professione per cercare un impiego stabile.

Ma perché il mito del posto fisso, soprattutto quello statale, esercita ancora un'attrazione così forte?

Innanzitutto vi è un fattore culturale, con una maggiore propensione alla ricerca del posto fisso nelle regioni del sud Italia. Persistono però molteplici altri fattori come, ad esempio, una maggiore sicurezza economica in un mondo incerto.

Infatti, l’instabilità economica e le crisi globali, come quella finanziaria del 2008 e la pandemia del 2020, hanno riportato al centro l’importanza della sicurezza del reddito. Il posto fisso garantisce stipendi regolari, benefit e tutele che molti liberi professionisti possono solo sognare e nel settore pubblico, questa sicurezza è ancora più marcata.

Da non sottovalutare poi i contratti blindati e difficili da rescindere e la pensione garantita con il relativo trattamento di fine rapporto.

Infine, vi è una maggiore resistenza ai licenziamenti rispetto al settore privato.

In un’epoca di precarietà e gig economy, il desiderio di stabilità diventa un valore irrinunciabile.

D’altro canto, per quanto riguarda la libera professione, c’è da dire che, nonostante la retorica degli ultimi anni abbia esaltato l’autonomia e la libertà di questa scelta, la realtà è spesso più complessa.

Ad esempio, la pressione fiscale è elevata: in Italia, i liberi professionisti devono affrontare una tassazione onerosa, unita a contributi previdenziali elevati.

Vi è poi una concorrenza e svalutazione del lavoro: in molti settori, il libero mercato ha portato a una corsa al ribasso sui prezzi, rendendo difficile mantenere guadagni dignitosi.

Infine, persiste una incertezza incessante, nel senso che non c'è garanzia di un flusso costante di lavoro e, di conseguenza, di reddito.

Questi fattori stanno spingendo molti professionisti a cercare rifugio in occupazioni stabili, spesso nel settore pubblico, percepito come un’oasi di tranquillità.

Bisogna poi considerare la tradizione culturale italiana nel senso che, come già accennato, il mito del posto fisso ha radici profonde nella cultura italiana, alimentato da decenni di politiche che hanno favorito l’impiego pubblico come strumento di stabilità sociale. Per molte famiglie, il lavoro statale rappresenta ancora un sinonimo di rispettabilità sociale in quanto è considerato una conquista personale e familiare.

Il posto fisso, soprattutto quello del settore pubblico, è quindi tornato ad esercitare un certo fascino poiché, oltre alla stabilità economica, offre vantaggi che lo rendono particolarmente attraente. Vi sono infatti orari regolari e possibilità di conciliare lavoro e vita privata. Possibilità di avanzamento di carriera che, pur essendo lento, è spesso definito e certo e minor pressione lavorativa rispetto a molte realtà del settore privato o freelance.

Non a caso, gli ultimi anni hanno visto un rilancio dei concorsi pubblici, con bandi per decine di migliaia di posti, incentivati dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Questa opportunità ha acceso le speranze di chi cerca una stabilità che nel settore privato fatica a trovare.

I giovani italiani, spesso definiti "bamboccioni" con un’accezione ingiusta, non cercano solo comodità, ma certezze in un contesto che ne offre sempre meno. La precarietà lavorativa e il costo della vita rendono il posto fisso una scelta quasi obbligata per poter pianificare il futuro, acquistare una casa o costruire una famiglia.

C’è però un prezzo da pagare per avere tutte queste certezze e mi riferisco alle retribuzioni che sono purtroppo ancora lontane dalla dignità.

Infatti, nel panorama del settore pubblico italiano, le problematiche legate alle retribuzioni sono una realtà che da anni affligge milioni di lavoratori, nonostante i numerosi proclami e promesse di riforma da parte della politica. 

La situazione resta critica, evidenziando un divario sempre più ampio tra le aspettative legittime dei lavoratori e le risposte che il sistema riesce a offrire.

I dipendenti pubblici italiani continuano a percepire salari che, nella maggior parte dei casi, non sono in linea né con il costo della vita né con il valore delle mansioni svolte. 

Se si guarda a livello europeo, l'Italia si colloca in fondo alla classifica per quanto riguarda la competitività delle retribuzioni nel settore pubblico.

Questa situazione risulta particolarmente grave in un contesto in cui l’inflazione erode quotidianamente il potere d’acquisto dei cittadini. 

Le retribuzioni non riescono a garantire una qualità di vita adeguata, costringendo molte famiglie a tagliare sulle spese essenziali. Per i lavoratori più giovani, questo significa anche ritrovarsi in difficoltà nel costruire un futuro solido, con difficoltà nell'acquisto di una casa o nell'avvio di una famiglia.

Vero è che esiste la possibilità di una carriera interna, attraverso appositi concorsi, che assicurano promozioni e aumenti salariali ma spesso ci si mette la burocrazia, con i suoi tagli di bilancio e una gestione inefficiente delle risorse, a portare i dipendenti a vivere un senso di frustrazione e demotivazione.

Per quanto riguarda le pensioni, la dolente nota riguarda la cosiddetta “liquidazione” che, nel Pubblico Impiego, viene corrisposta in tranche a distanza di anni dal momento del pensionamento. 

Questo ritardo genera non solo stress psicologico, ma anche un peggioramento delle condizioni di salute di chi, spesso in età avanzata, è costretto a continuare a lavorare in un contesto che non sempre tiene conto delle loro esigenze.

È necessario quindi che le istituzioni affrontino con urgenza il tema delle retribuzioni e della liquidazione nel settore pubblico, riconoscendo il ruolo fondamentale che questi lavoratori ricoprono per il funzionamento del Paese.

Non dimentichiamoci che il settore pubblico è il motore che garantisce servizi essenziali ai cittadini, dalla sanità all’istruzione, dalla sicurezza alla cultura. Trascurare i diritti economici di chi opera in questo ambito significa non solo tradire le aspettative dei lavoratori, ma anche minare la qualità dei servizi resi alla collettività.

È il momento di passare dalle parole ai fatti, mettendo al centro delle politiche pubbliche il benessere dei dipendenti e la dignità delle loro pensioni. Solo così si potrà costruire un sistema equo e sostenibile, capace di restituire fiducia e prospettive a chi ogni giorno lavora per il bene del Paese.


venerdì 16 maggio 2025

Terrapiattismo: Un'indagine approfondita sul fenomeno di una credenza controversa.

Il terrapiattismo è una credenza che afferma che la Terra sia piatta anziché sferica. Sebbene la scienza moderna abbia dimostrato senza ombra di dubbio che la Terra è un geoide, questa teoria del complotto ha guadagnato popolarità negli ultimi anni, grazie alla diffusione di informazioni su Internet e ai sostenitori che cercano di convincere gli altri che esista una grande cospirazione per nascondere la verità. In questo articolo, esploreremo le origini del terrapiattismo, analizzeremo le argomentazioni dei suoi sostenitori e affronteremo le evidenze scientifiche che dimostrano che la Terra è rotonda.

Origini del terrapiattismo:

Le radici del terrapiattismo risalgono all'antichità, quando l'umanità non aveva ancora sviluppato strumenti scientifici sofisticati per comprendere la forma e la struttura del pianeta. L'idea di una Terra piatta era comune tra le culture antiche, ma nel corso dei secoli, con l'avanzamento della scienza e delle osservazioni astronomiche, questa credenza è stata superata.

Risorgimento moderno del terrapiattismo:

Negli ultimi anni, il terrapiattismo ha sperimentato una sorta di rinascita. Grazie alla diffusione di teorie del complotto su Internet e ai social media, i sostenitori del terrapiattismo sono stati in grado di raggiungere un pubblico più ampio e creare una comunità online di individui che condividono la stessa visione distorta della realtà. Sono state organizzate conferenze, dibattiti e persino crociere per promuovere questa teoria.

Argomentazioni dei sostenitori del terrapiattismo:

I sostenitori del terrapiattismo presentano una serie di argomentazioni per cercare di supportare la loro teoria. Uno degli argomenti più comuni è che le immagini della Terra scattate dalla NASA e da altre agenzie spaziali sarebbero state manipolate per nascondere la sua vera forma. Altri affermano che l'orizzonte apparentemente piatto e la mancanza di una curvatura evidente sarebbero prove che la Terra è piatta. Tuttavia, tutte queste argomentazioni trascurano o distorcono il vasto corpus di prove scientifiche a sostegno della rotondità della Terra.

Evidenze scientifiche della rotondità della Terra:

La forma rotonda della Terra è stata dimostrata in modo convincente attraverso numerose evidenze scientifiche. Le prime prove risalgono ai tempi dei greci antichi, che hanno osservato l'ombra che la Terra proietta sulla Luna durante un'eclissi. Questa ombra è sempre circolare, indipendentemente dalla posizione dell'osservatore sulla Terra, il che dimostra che il nostro pianeta è sferico. Altre prove provengono dalla navigazione marittima, come il fatto che le navi che si allontanano dall'orizzonte scompaiano gradualmente dalla vista a causa della curvatura terrestre.

Peraltro, la curvatura della Terra è stata anche dimostrata attraverso l'osservazione dei fenomeni atmosferici. Ad esempio, durante un tramonto o un'alba, l'osservatore può vedere il sole sorgere o calare gradualmente all'orizzonte, scomparendo lentamente dalla vista. Questo fenomeno è spiegato dalla curvatura della Terra che fa sì che il sole appaia come se si stesse "inabissando" sotto l'orizzonte.

Inoltre, la gravità è un'altra prova convincente della forma sferica della Terra. La forza gravitazionale della Terra agisce uniformemente in tutte le direzioni, il che significa che la massa del nostro pianeta è distribuita in modo uniforme attorno a un centro sferico. Questo concetto è fondamentale per la comprensione del moto dei corpi celesti e dell'interazione tra la Terra e gli altri oggetti nello spazio.

Le missioni spaziali, come quelle condotte dalla NASA e da altre agenzie spaziali, hanno fornito ulteriori prove visive della rotondità della Terra. Le immagini scattate dagli astronauti in orbita mostrano chiaramente il pianeta come una sfera, con una curvatura visibile dell'orizzonte. Inoltre, le immagini satellitari della Terra ci forniscono una visione globale del pianeta, con una forma chiaramente sferica.

Confutazione delle argomentazioni terrapiattiste:

Le argomentazioni presentate dai sostenitori del terrapiattismo sono spesso basate su fraintendimenti scientifici, citazioni fuori contesto e teorie del complotto infondate. Ad esempio, le immagini della Terra scattate dalla NASA non sono state manipolate per nascondere la sua forma, ma sono frutto di anni di lavoro scientifico e tecnologico. Inoltre, l'apparente piattezza dell'orizzonte e la mancanza di una curvatura visibile sono il risultato della scala enorme del pianeta rispetto alla visione limitata dell'occhio umano.

Conclusioni:

Il fenomeno del terrapiattismo rappresenta un caso interessante di credenza controversa che è riuscita a diffondersi attraverso Internet e i social media. Tuttavia, la scienza e le evidenze empiriche hanno ampiamente dimostrato che la Terra è un geoide, una forma sferica. Le argomentazioni presentate dai sostenitori del terrapiattismo sono facilmente confutabili alla luce delle conoscenze scientifiche consolidate. È importante promuovere l'alfabetizzazione scientifica e affrontare le teorie del complotto per diffondere una comprensione accurata del nostro pianeta e dell'universo che ci circonda.


sabato 26 aprile 2025

Il Primo Maggio in Italia: Riflessioni sulle Sfide del Lavoro e dei Lavoratori

Con l'arrivo del Primo Maggio, giorno internazionale dedicato alla celebrazione del lavoro e dei lavoratori, è essenziale dedicare una riflessione alle molteplici sfide che ancora affliggono il mondo del lavoro in Italia. 

Nonostante i progressi compiuti nel corso degli anni, esistono ancora numerose problematiche che richiedono attenzione e azione concreta per garantire una maggiore sicurezza, dignità e parità di diritti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nel nostro Paese.

Una delle questioni cruciali da affrontare è la precarietà occupazionale. Troppo spesso, i lavoratori si trovano impiegati in contratti precari e instabili, privi di adeguati livelli di protezione sociale e di garanzie occupazionali. Questa situazione non solo mette a rischio il benessere e la sicurezza economica delle persone coinvolte, ma mina anche la coesione sociale e l'equità nel mercato del lavoro. 

È necessario adottare politiche volte a promuovere forme di occupazione più stabili e sicure, che garantiscano diritti e protezione sociale adeguati per tutti i lavoratori.

Inoltre, non possiamo ignorare il problema dell'automazione e della digitalizzazione, che sta trasformando radicalmente il mondo del lavoro e comporta rischi di esclusione per molti lavoratori. 

Se da un lato l'innovazione tecnologica offre opportunità di crescita e sviluppo, dall'altro può portare alla perdita di posti di lavoro tradizionali e alla creazione di nuove forme di precarietà e disuguaglianza. È fondamentale adottare politiche e strategie in grado di garantire una transizione equa e inclusiva verso un'economia digitale, investendo nella formazione e nella riqualificazione professionale dei lavoratori e promuovendo la creazione di nuove opportunità occupazionali nel settore tecnologico.

Altro tema cruciale è quello della conciliazione tra lavoro e vita privata. Molte persone si trovano costrette a fare i conti con orari di lavoro eccessivi, pressioni stressanti e difficoltà nel gestire le proprie responsabilità familiari e personali. È indispensabile promuovere politiche e iniziative volte a favorire una migliore conciliazione tra lavoro e vita privata, garantendo, ad esempio, l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a forme flessibili di organizzazione del lavoro.

Come non ricordare poi il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Non è accettabile che, ancora oggi, molte persone rischino la propria incolumità ogni giorno mentre svolgono il proprio lavoro. Incidenti sul lavoro e malattie professionali continuano a verificarsi con una frequenza preoccupante, evidenziando la necessità di rafforzare le normative e i controlli in materia di sicurezza sul lavoro. È fondamentale che i datori di lavoro adottino tutte le misure necessarie per proteggere la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, e che le autorità competenti intervengano con decisione per garantire il rispetto delle leggi in materia.

Un'altra grave problematica da affrontare è rappresentata dal fenomeno del caporalato. Si tratta di una forma di sfruttamento lavorativo diffusa soprattutto nei settori agricolo e dell'edilizia, dove i lavoratori sono spesso sottopagati e costretti a lavorare in condizioni disumane. Il caporalato non solo danneggia i lavoratori coinvolti, privandoli dei loro diritti e della loro dignità, ma mina anche l'intero sistema economico, alimentando la concorrenza sleale e l'illegalità. È indispensabile adottare misure efficaci per contrastare questo fenomeno, garantendo la tutela dei lavoratori e punendo severamente coloro che ne traggono vantaggio.

Inoltre, è fondamentale promuovere una vera e completa parità di diritti tra lavoratori e lavoratrici. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, esistono ancora disparità di genere nel mondo del lavoro, con le donne spesso penalizzate in termini di retribuzione, opportunità di carriera e conciliazione tra lavoro e famiglia. È necessario eliminare ogni forma di discriminazione di genere e promuovere politiche attive per favorire l'inclusione e l'equità sul luogo di lavoro.

Per affrontare queste sfide in modo efficace, è indispensabile un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese, dei sindacati e della società nel suo complesso. È necessario promuovere un dialogo costruttivo e una collaborazione reciproca al fine di individuare soluzioni concrete e sostenibili per migliorare le condizioni lavorative e garantire una maggiore dignità e benessere per tutti i lavoratori e le lavoratrici.

In occasione del Primo Maggio, è importante ricordare l'importanza del lavoro e l'impegno costante per tutelare i diritti e la dignità di chi lavora. Solo attraverso un impegno comune e una determinazione incrollabile sarà possibile costruire un futuro migliore per tutti, basato sulla giustizia sociale, l'equità e il rispetto dei diritti umani fondamentali.


     Stefano Innocentini

www.iltuoapprofondimento.it 


sabato 19 aprile 2025

FOLLIA E PREDIZIONE DEL FUTURO PARTE SECONDA

Alcuni giorni fa ho voluto fare un accostamento tra una delle manifestazioni del Disturbo Ossessivo Compulsivo #disturboossessivocompulsivo e la realtà attuale che ci vede tutti impegnati in gesti che prima facevamo in modo alquanto superficiale. Mi riferisco al lavaggio frequente e fatto con la massima attenzione, sia con sapone che con prodotti adeguati con base alcolica, delle mani #lavaggioritualedellemani
Una misura importante che, unita al distanziamento sociale e all’utilizzo delle mascherine, potrebbe essere di ausilio nell’evitare il propagarsi del contagio da Covid-19.
Il senso del mio Post era semplicemente quello di riflettere sul fatto che, persone affette dalla coazione di lavaggi frequenti e rituali, hanno di fatto (e loro malgrado) precorso i tempi anticipando di anni quello che ormai per noi tutti è diventata la normalità.
Oggi desidero parlare di un altro disturbo della sfera mentale che, sempre a mio avviso, dimostra come i cosiddetti “pazzi” forse non lo sono mai stati così tanto poiché alcune delle loro paure irrazionali stanno trovando certezze in questa epoca dove la nostra privacy è continuamente a rischio.
Da piccolo, un amico di infanzia di mio padre, un certo Marco, era affetto da una gravissima forma di manie di persecuzione #maniedipersecuzione e, a causa di ciò, entrava ed usciva dai vari istituti psichiatrici (stiamo parlano degli anni ’60).
Questo Marco, persona cortese, gentile e dotato anche di una buona dose di intelligenza, era fermamente convinto di essere spiato da governi, enti, istituzioni (ad esempio dai servizi segreti) che lo controllavano in ogni suo movimento e sapevano alla perfezione ciò che lui avrebbe detto e fatto.
Mi spiego con un banalissimo esempio: un giorno acquistai per gioco un paio di ricetrasmettitori palmari, comunemente conosciuti come Walkie-talkie e, con mia immensa gioia, li mostrai a Marco nella speranza che magari potesse giocarci con me.
L’avessi mai fatto! «Butta subito quelle radioline» mi redarguì pesantemente. «Non sai che “loro” possono ascoltare tutte le nostre conversazioni e approfittare dei nostri segreti?».
La mia risposta fu alquanto semplice in quanto gli feci notare che le radioline in quel momento erano spente ma non ci fu nulla da fare. La #CIA ci faceva credere che le radioline erano spente ma in realtà lo spionaggio era all’opera e ascoltava tutto.
Ebbene, questo è solo uno dei tanti esempi che potrei portare riguardo alle “stranezze” di una persona affetta in modo grave da questa patologia.
Ma qui arriva la mia riflessione: siamo ormai nell’anno 2020 e l’informatica ha fatto passi da gigante. 
Viviamo con i PC praticamente sempre accesi. Con gli Smartphone che portiamo sempre con noi e con App come WhatsApp,  Messenger  o Skype sempre a portata di mano.
I virus informatici sono all’ordine del giorno e malintenzionati da tutto il mondo sono pronti a cogliere delle falle nel nostro sistema operativo per entrare nei meandri del nostro PC e magari bypassare il nostro sistema di password per prosciugare il nostro conto corrente.
Ecco allora il senso di questa riflessione: fino a che punto Marco era un malato? Sicuramente lo era perché la sofferenza era tanta e quando entrava in crisi non c’era verso di stargli vicino e farlo ragionare ma se vivesse in questa nostra era avrebbe forse tutti i torti nel preoccuparsi?
Chissà, forse anche lui aveva previsto in anticipo quello che poi la tecnologia ha costruito nel corso dei decenni.
Stefano

venerdì 18 aprile 2025

FOLLIA E PREDIZIONE DEL FUTURO

La malattia mentale, con le sue infinite sfaccettature, ha sempre trasmesso diffidenza e paura. 
L’irrazionale che entra nella nostra quotidianità, sia che ci riguardi direttamente che tramite un nostro amico o parente, ci ha sempre spinto verso il sospetto, il preferire di non avere a che fare con la persona sofferente quasi che si trattasse di una malattia contagiosa.
In realtà, questo periodo contrassegnato dal terrore nei confronti del virus Covid-19 (comunemente detto Coronavirus), sta facendo cambiare quasi tutte le nostre abitudini e le basilari norme sociali e, tra le prime regole adottate, abbiamo il cosiddetto distanziamento sociale (stare ad almeno un metro di distanza dalle altre persone) e lavarsi spessissimo e con la massima attenzione le mani, sia con sapone che con prodotti adeguati con base alcolica (alcuni sottolineano anche l’importanza di farsi più frequentemente la doccia).
Soprattutto il rito del lavaggio delle mani #lavaggioritualedellemani lo dobbiamo effettuare più e più volte al giorno e comunque ogni qualvolta riteniamo di aver toccato qualcosa di sporco e potenzialmente contagioso.
Ecco allora la mia riflessione.
Esiste un disturbo mentale, denominato Disturbo Ossessivo Compulsivo (il cui acronimo è D.O.C.), che è un disturbo che si manifesta in molti modi e che, ad ogni buon conto, descrivo nel dettaglio nel mio libro DENTRO LA TANA DEL LUPO (acquistabile su Amazon sia in formato Kindle che cartaceo). #dentrolatanadellupo 
Ebbene, una delle tantissime manifestazioni (che tra l’altro rende la vita di chi ne è affetto alquanto limitata e penosa), è quella della paura di essere contaminati. Questa paura comporta che chi ne è affetto, passi ore e ore a lavarsi scrupolosamente soprattutto le mani e lo fa a volte anche per un tempo che sembra infinito per poi ricominciare alla prima occasione, magari dopo aver toccato qualche altra cosa da lui ritenuta fonte di sporcizia.
Ricordo che tantissimi anni fa un mio collega di nome Salvatore, aveva proprio questa manifestazione del D.O.C. e passava ore e ore al bagno lavandosi le mani, insaponandole per bene per tantissimi minuti e finendo poi con una passata di spirito per disinfettare tutto.
Aveva le mani ormai del tutto consumate ma era più forte di lui. Non ne poteva fare a meno e alla prima occasione ricominciava daccapo.
Perché sto facendo questa riflessione?
Semplicemente perché persone sofferenti come il mio collega sembra quasi che abbiano precorso i tempi. 
D’altronde non è questo che attualmente le autorità ci chiedono di fare per evitare o limitare il diffondersi del contagio?
Allora mi chiedo: queste povere persone sofferenti sono semplicemente delle persone malate, e quindi da curare oppure, almeno in parte, una sorta di veggenti in grado di capire in anticipo quali sono i pericoli che incombono nelle loro vite?
Mi farà piacere avere delle vostre opinioni in merito, nel pieno rispetto di chi soffre di questi disturbi e con una buona notizia per loro: da questi disturbi finalmente se ne può uscire o, perlomeno, si può convivere senza esserne più schiavi. Naturalmente bisogna trovare un’adeguata cura farmacologica e, spesso, unirla una psicoterapia (normalmente di tipo cognitivo-comportamentale) e il tutto combinato con l’affetto e il calore della famiglia e degli amici.
Per approfondimenti consiglio la lettura di questi due libri:
1. IL RAGAZZO CHE SI LAVAVA IN CONTINUAZIONE E ALTRI DISTURBI OSSESSIVI di Judith L. Rapoport  - Copertina flessibile: 268 pagine - Editore: Bollati Boringhieri (15 aprile 1994) - Collana: Esperienza psicologica - Lingua: Italiano - SBN-10: 8833908364 - ISBN-13: 978-8833908366;
2. DENTRO LA TANA DEL LUPO – di Stefano Innocentini - Su Amazon con copertina flessibile o formato Kindle - Editore: Independently published (7 aprile 2020) - Lingua: Italiano - ISBN-13: 979-8634460161 - ASIN: B086PPJJDJ.
Attendo commenti, riflessioni, recensioni, tutte naturalmente nel pieno rispetto della delicatezza dell’argomento che stiamo trattando.
Un abbraccio a tutti (per ora solo virtuale).


mercoledì 2 aprile 2025

CHI È E COSA FA LO PSICOLOGO CLINICO

Lo psicologo clinico è quel professionista della salute che utilizza strumenti conoscitivi e d’intervento in ambito psicologico (Art. 1 L.56/89) per finalità sanitarie di diagnosi, cura, riabilitazione (D.M. 17/05/2002), prevenzione e sostegno.

Cosa fa lo psicologo clinico?

Interventi di prevenzione (primaria e secondaria) del disagio personale;

Interventi di valutazione, abilitazione-riabilitazione;

Interventi di gestione di situazioni di crisi emotiva, relazionale o decisionale insorgenti in vari fasi e contesti di vita;

Interventi di promozione del benessere psicosociale individuale e nei vari contesti sociali;

Interventi volti al benessere psicofisico: controllo e gestione dello stress e delle emozioni;

Interventi volti alla crescita personale, migliorare la propria qualità di vita, la comunicazione, l’autostima.


Gli interventi dello psicologo sono rivolti a singoli individui, coppie, famiglie o comunità.



La consulenza psicologica è un sostegno e un aiuto a ritrovare ed utilizzare le proprie risorse e potenzialità.

In evidenza è sempre:


La centralità di una relazione autentica tra psicologo e utente/paziente;


La qualità del setting costruito e funzionale alla comprensione e valutazione clinica (anche mediante gli specifici strumenti come il colloquio, inventari e test);


La progettazione dell’intervento clinico di cura, intesa come aiuto alla maturazione di una capacità di comprensione della propria realtà psichica e di uno stile comportamentale e relazionale adattivo e funzionale alla persona.



Infine, vediamo più da vicino cos'è la psicologia clinica e in cosa consiste:


la psicologia clinica costituisce uno dei diffusi ambiti di ricerca e intervento professionale della psicologia il cui dominio di applicazione concerne i problemi di adattamento, i disturbi di comportamento, gli stati e condizioni di malessere e sofferenza allo scopo di valutarli e prendersene cura con messi psicologici per facilitare e sostenere il benessere e lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale delle persone.

Dott.ssa Angela Sgambati

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